Il blog di Italians for Darfur

domenica, ottobre 28, 2007

Gheddafi: colloqui di pace a Sirte, un fallimento.

Soldiers with the Sudanese Liberation Army, one of the rebel groups controlling parts of Darfur, sitting by their truck while stuck in the mud in Darfur. (Photo: Lynsey Addario) Il leader libico Muammar Gheddafi ha già definito un fallimento i negoziati di pace del 27 ottobre a Sirte, per il quale si era proposto come mediatore.
Le due componenti più importanti dello schieramento ribelle del Darfur hanno infatti disertato la conferenza di pace. Non va dimenticato, tuttavia, che proprio il leader libico, tra la fine degli anni 60 e gli anni 80, tentò di unificare politicamente gli stati islamici del Sahel propugnando una ideologia di supremazia araba. Da Juba, nel Sud del Darfur, i ribelli si sono detti pronti a incontrare i rappresentanti dell' Unione Africana e delle Nazioni Unite per cercare una soluzione al conflitto. Proprio a Juba sembra essere in corso una trattativa tra le due più importanti fazioni del Sudan Liberation Movement per riconoscere una sola leadership.
Un passo importante, se ciò avvenisse, in quanto la divisione dei ribelli del Darfur è uno dei più difficili ostacoli al processo di pace.

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venerdì, ottobre 26, 2007

Darfur: Stefano Cera descrive ed aggiorna la situazione


E' online il video della partecipazione di Stefano Cera, per Italians for Darfur, al Premio diritti umani 2007 organizzato dalla Flip.

Cera è autore del libro "Le Sfide della Diplomazia Internazionale", edizioni LED (Roma), che tratta del conflitto nel Darfur e dell'escalation della questione cecena.
Per scaricare gratuitamente un pdf di 37 pagine con gli elementi comuni dei due argomenti cliccare qui.

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Francia: il nome del Darfur usato per una tratta di bimbi?

In Ciad sono stati fermati 9 individui con 103 bambini presentati come orfani del Darfur e destinati all'adozione in suolo francese.
L'azione, lanciata qualche tempo fa dall'associazione francese "Arche de Zoé", è illegittima secondo tutti i trattati nazionali ed internazionali sull'adozione e le persone sono state arrestate, come recita un comunicato del Ministero degli Esteri francese del 25 ottobre.
Già il 3 agosto c'era stato l'annuncio delle irregolarità.
Per chi parla francese c'è anche una videointervista ufficiale a Pascale Andreani, portaparola degli Esteri. Il file audio è scaricabile in mp3 sempre da questa pagina.

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giovedì, ottobre 25, 2007

Darfur: il JEM apre il fronte della guerra contro il petrolio

Il JEM (Justice Equality Movement) ha attaccato il Blocco 4 di un impianto petrolifero della Greater Nile Petroleum Operating Company (GNPOC), nella regione del Kordofan, in Sudan, adiacente al Darfur.
Ai microfoni della Reuters, Abdel Aziz el-Nur Ashr, comandante del movimento Giustizia e Eguaglianza ha lanciato un monito alla Cina:"Questo è un messaggio alla Cina e alle compagnie petrolifere cinesi, che devono smettere di aiutare il governo nella guerra in Darfur". Secondo il Jem, tutte le armi usate per gli attacchi contro i villaggi e i ribelli in Darfur sono acquistate con i proventi della vendita del petrolio alla Cina: se le compagnie petrolifere non abbandoneranno il Paese entro una settimana e il governo sudanese non riconoscerà piena dignità politica al Darfur, gli attacchi continueranno in tutto il Sudan.

A sinistra, mappa delle concessioni per lo sfruttamento e la lavorazione del petrolio, aggiornata all' agosto 2007 (©ECOS)
Oltre alle compagnie cinesi e sudanesi e alla Petronas della Malaysia, presente anche la francese TOTAL (area azzurra in basso a destra; clicca sulla mappa ingrandire). Tra le aziende italiane al soldo delle compagnie petrolifere in Sudan, figurano solo l'italiana Bentini SpA , cha ha lavorato per la cinese PETRODAR tra il 2004 e il 2006, per la costruzione di sei stazioni di pompaggio a Melut Basin, nel Sud Est del Paese. La SARAS fondata da Angelo Moratti avrebbe invece acquistato dal Sudan il greggio (Nile Blend, cit. pag. 22, Gennaio 2007) per la lavorazione successiva nella raffineria a Sarroch, in Sardegna. E' ancora in corso l'attività dei tecnici della APS Engeneering di Roma a Port Sudan.

Continua intanto la campagna internazionale lanciata da una coalizione di associazioni per il Darfur, tra cui Italians for Darfur, per spingere la svizzera UBS a ritrattare il sostegno dato alla compagnia petrolifera cinese PetroChina nel lancio di mercato alla Shanghai Stock Exchange. La UBS, per ora, ha affermato di non poter interferire con il lavoro dei propri clienti.

Si ringrazia il blogger 'mazzetta' per la collaborazione nella ricerca delle fonti.

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Recensione Italian Blogs for Darfur su Terzo Settore de Il Sole 24 Ore

Il blog "Italian Blog for Darfur" è stato recensito da Francesco Santini del Philantropy Centro Studi di Bologna , per il mensile Terzo Settore de Il Sole 24 Ore, nel numero di ottobre.
Terzo Settore è il sistema informativo che Il Sole 24 ORE dedica all'universo del non profit.
Ringraziamo calorosamente per lo spazio dedicatoci sulla prestigiosa pubblicazione e per averci così offerto l'opportunità di raggiungere i suoi circa 5000 lettori.
Questo un estratto della recensione:
"L’ottima presenza su Internet del movimento è anche data dalla necessità di compensare attraverso la Rete, la scarsa presenza, sulle televisioni nazionali, di notizie sul conflitto nel Darfur."

Link: www.sociabile.org (notizie relative ad organizzazioni nonprofit)

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lunedì, ottobre 22, 2007

Intervista a Drima, giovane blogger sudanese.

Drima ha ventuno anni. Drima è un blogger, si fa chiamare “The Sudanese Thinker”, uno dei pochi, in un Paese, il Sudan, martoriato da molte guerre civili e teatro da quattro anni di una delle più gravi crisi umanitarie, il conflitto del Darfur.

Gli abbiamo posto qualche domanda (ringrazio DarfurNews per la revisione del testo in inglese, che ha pubblicato in anteprima nel suo blog)

Dear Drima, you are the blogger of The Sudanese Thinker, a well known blog of the sudanese blogosphere, writing about Sudan and related issues in the world. In your site, you define yourself as a very sarcastic guy.
Who is Drima really?
Can you say something more about you?

I’m just a regular 21 year old guy who decided to do something about the bad things I see instead of just sitting down and complaining all day. For now my humble blog is my way of trying to make a small tiny positive difference.
My ultimate dream is to help people become entrepreneurs but before I do that, I myself need to become a successful entrepreneur. I don’t believe in charity as much as I believe in entrepreneurship. Like the Chinese say “give a man a fish and he will eat for a day. Teach a man how to fish and he will eat for the rest of his life.”
I’m very sarcastic in real life. A lot of the time I want to curse and use dirty words to describe stupid politicians but I try not to since it’s not a good habit. Sarcasm allows me to express my frustrations in a better manner. Plus, like I said, I’m very sarcastic in real life.
Some politicians in my country are super smart. In fact they’re smarter than Einstein and better than Ghandi. :-)

Two classic questions: When and why did you start blogging?
I began blogging in April 2006. I was very surprised and sad at the fact that most countries in Africa and the Middle East have very active blogospheres. Sudan didn’t! There was nothing at all and I couldn’t understand why. Here we had Darfur bleeding and Sudan basically upside down, and no Sudanese was blogging about these things to give those interested an opportunity to learn from a Sudanese perspective.
I then decided to start my blog and began my search for Sudanese interested in doing the same. I found a few, who found a few others and slowly it began forming. Now there is a decent Sudanese blogosphere in existence discussing important issues and I’m very happy. However I would like to see it grow and become more active. That would make me happier.

As bloggers of Italian Blogs for Darfur, we write about Darfur crisis since May 2006, trying to press traditional Italian media to cover the war in Darfur.
Media mainstream in Italy speak an hour only about Darfur per year.
What is your opinion , is Darfur war covered by traditonal media worldwide and in Sudan?
What’s the level of press freedom that you feel in your Country?


The Western media has been covering Darfur a lot better than Arab media.
Keep in mind that Sudan is an Afro-Arab country but still, the Arab world is more concerned about Iraq and Palestine.
Darfur deserves more attention.
There are many inaccuracies floating around.
The conflict is not as simple as how the Western media makes it look. While the coverage time for Darfur is good when compared to media elsewhere, it is not accurate. Still though, I think having a coverage even if it’s not accurate is much better than having no coverage at all.
Unfortunately in Sudan, there is very little press freedom. It was much worse before the peace between the South and North came. It’s better now, but still not enough.

One of the causes of this war is the small representation of all communities of Sudan in the central gov. The blog phaenomenon worldwide could help the integration of minorities in sudanese society, giving them a voice inside the society ?
The internet is amazing. It provides freedom of speech and expression. Sudanese can interact and say what they want freely while blogging. This is defintely good and it does play a positive role in providing a space for dialogue. However those interested in dialogue and those who have access to the internet in Sudan are a small number.
The real challenge is bringing integration on the ground. Politicians try to keep us divided and controlled. Worse still, the government doesn’t share wealth and power fairly.
That should change.
Please keep in mind that Sudanese society in the North, East and West in Darfur are generally well-integrated. Integration with the South isn’t as good because of the long 20 years civil war. It ended recently but the wounds are still too fresh. We have a lot of work to do.

There is an Arabs vs Africans conflict in the sudanese society?
What do you think about the word “genocide”, to describe the war in Darfur?
To say that the conflict in Darfur is one between Africans and Arabs is not accurate.
It’s more complicated than that. It’s between different tribes who oppose the government and tribes who are pro-government.
Both sides have Africans and Arabs.
In Sudan, the North, East and Darfur in the West are mainly of mixed Arab-African blood. The culture is more Arab than African though.
Darfur’s conflict is not about race.
Many Darfurians are angry about not getting their fair share of wealth and power so they started a rebellion. The Khartoum government fought back and used very brutal and cruel tactics. (This is the basic summary.)
When it comes to the South and North, we can say it is a conflict between Arabs and Africans. People in the South are mainly pure Africans in blood and have a strong African culture.
Regarding calling Darfur genocide, there are many points of view. I don’t know if we can call Darfur genocide or not. People say genocide is mainly a legal term. I’m not a lawyer, so I can’t make a comment on that. In the mirco-level to me it does look like genocide. If anything, there is certainly ethnic cleansing carried out by tribes against other tribes who want to take land with more water resources.
Whether it is truly a genocide or not, doesn’t matter much in my opinion.
What matters more is that the conflict is absolutely horrific.
Countless innocent people including women and children have been mercilessly killed.
Many others are still in danger and will die if aid agencies are driven away.
The rebels and the Khartoum government must find a political solution.
We need peace as soon as possible.

In the last few days, SPLM went out of the governement, because Al-Bashir doesn’t respect the peace agreement of 2005.
As a sudanese-born man, what do you think about rebel movements in South Sudan and Darfur?Are they a resource for the democracy in Sudan, or they are an obstacle to the full implementation of democratic rules?
In principle I support the rebel movements in Darfur and the South.
They are basically fighting for their rights and freedom.
However in practice I don’t support some of the strategies they use. Sometimes they themselves kill innocent people and commit ugly crimes. I find the SPLM reasonable in their demands. They can surely help in the democratic transition of Sudan (in some cases, they already have helped). As for Darfurian rebels, some are genuinely fighting for their people and can help in democratization. Others are just greedy criminal gangs who want a seat at the negotiating table as a way to get some money and power. A few are also making very unreasonable demands which will never be accepted by Khartoum. For example one rebel leader said he wants Darfur to become a seperate independent country. I believe this kind of thinking is an obstacle to peace. Both sides must make compromises.
One problem I do see with all of them is the potential to engage in corruption once they are in government. The SPLM in South Sudan is sadly already engaging in corruption. We need honest and responsible politicians. They don’t need to be angels. They just need to be good enough.


A Final question, Drima: you are to much liberal to be a practising Muslim.. are you a secret agent of the United States in Sudan? [laughing]
Haha! I hate you man. You almost made me fall off my seat laughing so hard.
No, I’m not a secret agent working for the United States.
Working for the Italian Mafia would be much cooler though. At least I’ll be able to eat Italian food every day. Oh, I love Italian food!
The cheese, the olive, the rich tomatao sauce.
It’s so good! I would prefer good Italian food any day over a fast Ferrari. Ah, forget that. Ferraris are better.
I don’t think I’m a liberal Muslim though. Okay, maybe I am but only politically. I believe in a liberal democracy and freedom. I don’t believe in forcing people to follow religious law. There must be freedom of religion and freedom from religion.
Religiously I’m quite conservative and I consider myself a practicing Muslim. I pray five times a day and I fast during the whole month of Ramadan from sun rise to sun set. I personally find it to be a good form of meditation. Although I admit that I do like to party a lot. :-)

Thanks for the interview!

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A Kalma si continua a morire

Il 27 riprendono i colloqui di pace: poche le speranze di un accordo
Ancora una volta siamo costretti a segnalare nuove violenze nei campi profughi in Darfur. L'area colpita da questi attacchi, come è capitato spesso negli ultimi mesi, la cittadina di Kalma, a sud di Nyala (vedi cartina).
Il numero delle vittime non è ancora stato ufficializzato perché, ha dichiarato il portavoce dell'Unione africana, Noureddine Mezni ‘è ancora in corso un’inchiesta e finché non saranno accertate le responsabilità di quanto avvenuto, non potranno essere fornite ulteriori spiegazioni’.
Ma secondo quanto riportato dal quotidiano indipendente Al Sahafa, all'interno del campo di Kalma sarebbero morte almeno quindici persone e molte altre decine sarebbero rimaste ferite.
Gli scontri sarebbero scoppiati a causa delle divergenze fra gruppi tribali firmatari e non dell’accordo di pace con il governo sudanese del 2006. L’intervento delle milizie di Khartoum, hanno precisato fonti di governo - sarebbe stato necessario per riportare la calma nel campo, Risultato… ci hanno rimesso la vita, come sempre, persone innocenti.
Intanto sabato prossimo riprenderanno i colloqui di pace tra il governo del Sudan e i ribelli del Movimento Giustizia ed Eguaglianza. A questo incontro parteciperanno come mediatori gli inviati dell'Onu e dell'Unione africana. Le speranze che possano portare a un accordo sono blande, per non dire nulle. La speranza è che questa fase porti a un cessate il fuoco da entrambe le parti e, quindi, a uno stop delle azioni militari che quasi sempre più che i guerriglieri colpiscono i profughi.

AN

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domenica, ottobre 21, 2007

E' davvero l'unica soluzione?


Nel nuovo film di Nicole Kidman, The Invasion, si parla di Darfur: non solo viene citato più volte,ma addirittura c'è una scena in cui si firma un accordo di pace.....
C'è solo un problema: la pace viene firmata dopo che gli alieni si sono impossessati degli uomini,rendendoli esseri freddi e incapaci di provare emozioni di alcun tipo, quindi non hanno bisogno di essere in guerra...
Mette angoscia il pensiero che questo massacro possa essere fermato solo in questo modo....
Comunque questo film dimostra l'interessamento di grandi registi ed attori americani al problema del Darfur, ed in particolare vi segnalo la presentazione del film-documentario dal titolo "Darfur Now" a New York e che il 2 Novembre uscirà nelle sale cinematografiche americane.
Recensione "Darfur Now"

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Infinita tristezza.

Riceviamo e pubblichiamo di seguito una lettera pervenuta a Italian Blogs for Darfur oggi 21 ottobre da Nyala, attraverso alcuni amici di Padova, che ringraziamo calorosamente. Non ho al momento trovato conferme di tanta violenza sulla stampa: qui, nel New York Times, si parla di uno scontro tra fazioni di ribelli all'interno del campo di Kalma. Che la verità sia ben altra?

Spett.Blog for Darfur
vi mando l'ultima lettera del mio amico in Darfur Sudan. Scusate l'anonimato ma la sicurezza del nostro amico è cosa importante.
Grazie del Vostro impegno per il Darfur e saluti da Fiore e gruppo.

"Carissimo Fiore e gruppo
... Ti scrivo di urgenza per informarti che il campo delle donne (KALMA/NYALA n.d.r.) è stato distrutto con un vero masacro.
Oggi mi sembrava di vedere il vero esodo raccontato nella bibbia roba veramente da far tremare l intero corpo da una vista cosi terificante che non trovo parole per descriverlo.
Per due giorni sotto il fuoco dell artiglieria e distruzione a tappeto con con fuoco che si vedeva da lontano."

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giovedì, ottobre 18, 2007

Campagna di disinvestimento: appello alla UBS perchè non sostenga PetroChina in Sudan


Italians for Darfur ha aderito alla campagna promossa dalla Save Darfur Coalition contro la decisione di una delle più grandi società a livello internazionale di servizi finanziari, UBS, con sede a Basilea (Svizzera), di supportare la vendita di azioni della PetroChina, società della China National Petroleum Corporation.
Non c'è compagnia al mondo che abbia peggior impatto sui diritti umani in Sudan: la PetroChina è, infatti, il maggiore acquirente del petrolio sudanese, incurante dell'uso che il governo sudanese fa delle ingenti somme ricavate, spese per lo più in armi e mezzi per la guerra in Darfur, dove si consumano efferati crimini contro l'umanità.
Italians for Darfur vi invita a unirvi a noi e a inviare un messaggio forte alla UBS, affinché usi la sua influenza per spingere la CNPC/PetroChina ad adottare una politica commerciale più rigorosa verso il rispetto dei diritti umani in Sudan e, nel caso il colosso cinese si dimostri indifferente, a ritirarsi dall'offerta pubblica (http://www.darfurdivestment.org/ubs/).

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"Darfur Souvenir": la denuncia di Macro al BAD Museum di Napoli

Macro, giovane artista impegnato, con all'attivo numerose mostre collettive e video festival in Italia e all'estero, ha esibito le sue opere alla mostra "Cruel and Allpowerful King!", BAD (Bunker Art Division) Museum di Napoli,dal 15 giugno all' 8 luglio scorsi.
La ferocia dei conflitti in Africa, con il loro carico di dolore e assurdità, e le storie di cronaca che ci descrivono impietosi scenari di violenza urbana, le donne stuprate nelle nostre città, sono alcuni dei temi affrontati dalla personale. Realtà apparentemente lontane, ma che suscitano la stessa reazione emotiva nella nostra percezione del presente.
Macro ci segnala "Darfur Souvenir", l'opera dedicata alla tragedia incompiuta del Darfur: una figura antropomorfa realizzata in carbone e trafitta da cinque macheti. E' quanto resta dell'umanità dopo quattro anni di guerra, secondo il venticinquenne napoletano.
Intorno alla figura, sulle pareti, sono segnati i nomi dei gruppi etnici che si sono affrontati nel conflitto: vittime e carnefici, insieme, del massacro che ancora si compie nel Darfur.

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lunedì, ottobre 15, 2007

Italians for Darfur su YouTube!

Un nuovo spazio su youtube, grazie a Elena: http://www.youtube.com/italiansfordarfur.
Qui troverete tutti i nostri video, come il reportage dal Darfur, campo profughi di El Fasher, realizzato da Antonella Napoli. Per favore commentate e votatelo, per dargli massima visibilità!

Andata e ritorno dall'inferno del Darfur


Il dvd è liberamente disponibile per proiezioni pubbliche in eventi e manifestazioni nella tua città o scuola! Maggiori informazioni a info[AT]italianblogsfordarfur.it.

Altri video:

SOS DARFUR

EVOE' - "DARFUR"


http://www.youtube.com/LifeNets

http://www.youtube.com/DarfurNews

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VideoDarfur quant'è bbelloooo....

Nella serata di martedì, l'Angolo dell'Avventura, Lungotevere Testaccio 10, dalle 20/20.30 presenta una una proiezione sul Sudan/Darfur a cura del nostro amico fotografo Stefano Giancola.
Cena inclusa (spaghettata) a 7 euro... accorrete numerosi! Noi di IB4D ci saremo.

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domenica, ottobre 14, 2007

Roma, 16 ottobre: IB4D
al Premio Italia diritti umani 2007

Il Premio Italia Diritti Umani nasce dall’esigenza da parte delle associazioni coinvolte di voler dare un giusto riconoscimento a coloro che, per la loro attività, si sono distinti nel campo dei diritti umani. In un mondo in cui il profitto sembra essere lo scopo ultimo di ogni intento, bisogna sostenere chi lotta veramente, sacrificando spesso gran parte (o del tutto) la propria esistenza per aiutare il prossimo. I Mass Media spesso non prestano la dovuta attenzione al tema dei diritti umani, se non in maniera superficiale. È giunto quindi il momento, non solo di dare un giusto riconoscimento a chi lotta per la difesa dei più deboli, ma anche di parlare su come possano essere tutelati meglio questi diritti che, anche in paesi come l’Italia oltre che all’estero, sono sistematicamente violati, soprattutto nei confronti dei più deboli.

L'evento si terrà presso la Fondazione Europea “Dragan”- Foro Traiano 1/A (via dei Fori imperiali), Con l’adesione di Amnesty International (sez. italiana) e Centro Astalli.

In particolare, al Darfur sarà dedicato l'intervento delle 17,30: "Darfur, Origine del conflitto, situazione attuale e opportunità per la risoluzione" di Stefano Cera, rappresentante di Italians for Darfur, ricercatore in teorie e tecniche della trasformazione dei conflitti.
A seguire ci sarà il concerto french-creyol-jazz della cantautrice Josette Martial con Arturo Valiante al pianoforte jazz.

L'evento è organizzato dalla Flip. La consegna dei premi avverrà dalle 18,30.
programma

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A rischio trattative di pace del 27 ottobre in Libia: nuove tensioni anche in Sud Sudan.

A pochi giorni dal prossimo negoziato in Libia, 22 ribelli del Darfur sono stati bloccati venerdì dalle forze governative sudanesi mentre si recavano a un summit per trovare una linea comune da presentare il 27 ottobre a Tripoli.
L'incontro era stato organizzato dal direttivo del Sudan People's Liberation Movement (SPLM), ora a capo di un governo semi-autonomo del Sud Darfur, dopo essersi ritirati dal governo unitario del Sudan. Giovedì 11 ottobre le rappresentanze del SPLM hanno infatti lasciato il governo di Karthoum, dopo mesi di tensioni, per il mancato rispetto degli accordi di pace del 2005 (Reuters Africa).

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"Living Darfur" a "Quelli che il calcio.."

Oggi 14 ottobre, '' Quelli che il calcio e… '' proporrà in anteprima esclusiva il brano ''Living in Darfur'' estratto dall'album ''Sings of a struggle'' del duo britannico dei Mattafix.

(da Il Professor Echos)

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sabato, ottobre 13, 2007

Nairobi chiama, Roma.. non sente.

[Su segnalazione di Antonio]

Solo un'ora.
Tanto valgono i 300.000 morti del Darfur: nei telegiornali italiani, nel 2006, è stata dedicata poco più di un'ora al conflitto in Darfur, regione del Sudan dove si consumano efferati crimini contro l'umanità e dove lo stupro è usato come terribile arma da guerra.
Non abbiamo notizie neanche dallo Zimbabwe, dal Congo, dal Delta del Niger, dalla Somalia, solo per citare altre aree dell'Africa in cui i diritti umani valgono meno di un fucile.
Ammettiamolo, si sa da sempre che in Africa si muore e si soffre; quale sarebbe la notizia, quale l'interesse per il pubblico?
Noi non ci rassegniamo al mercato dell'audience: se c'è un compito al quale la televisione non può sottrarsi, soprattutto il servizio pubblico televisivo, dall'indubbia penetrazione di massa, è l'educazione dei singoli ai valori fondanti della società e della democrazia.

Il servizio pubblico televisivo sembrava aver fatto un primo importante passo in avanti con l'apertura di una sede RAI a Nairobi, Kenya, il 18 maggio 2007, con grande soddisfazione delle agenzie missionarie e delle associazioni della Tavola della Pace.
Ma l'operazione, a un semestre di distanza, assume sempre più il gusto amaro del "lavaggio di coscienza" da parte della sede di viale Mazzini, nonostante l'impegno del giornalista Enzo Nucci, a cui è stata affidata la direzione della sede africana.
Dall'apertura della sede, sono stati trasmessi solo un'ora di servizi dall'Africa. Il bel reportage di Nucci sui Monti Nuba, Sudan, La scuola della speranza, della durata di 18 minuti, è stato trasmesso a Raitre, nella rubrica Primo Piano, alle ore 23.20.
"Nel gennaio scorso, proprio a Nairobi, - si legge in Panorama - si è svolto il primo Forum sociale mondiale in Africa. Nonostante le tematiche caldissime affrontate dagli oltre 10mila partecipanti della grande kermesse no global (si va dalla lotta all’Aids alla sfida commerciale decisiva rappresentata dai nuovi accordi partenariato economico tra l’Unione Europea e i paesi africani), la Rai ha mandato in onda appena due minuti di servizio sul Tg3 per un evento durato un’intera settimana".

Continua il nostro impegno per una migliore qualità dell'informazione televisiva italiana: chiediamo più informazione sul Darfur e sulle crisi umanitarie dimenticate. Firmate il nostro appello.

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venerdì, ottobre 12, 2007

Muhajiriya e Haskanita:
Cento morti? Bazzecole!

'A Tribbu', se dovessimo sprecà... Nun saranno troppe, otto righe de bbreve pe' na piotta per tera?

Vabbe' che er titolo è preciso, ma... ma... ma vacce, va!

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Ajara and Omscigera:
Thirteen people to name a massacre

by Giulia Zanfino

[Rome, September 22, 2007] I report this piece of information that I received some days ago from the Darfuri Refugees living in Rome. Thirteen names to avoid forgetting, thirteen dead people that in two days found the end of their lives in the villages of Ajara and Omscigera, Sud East of Darfur.

Abu Bakar Manis
Fki Sale Idris
Mohamed Ibraim Gdu
Assalik Ahmed Jusef
Abdualrhman Mohamed Shrio
Mohamed Jusef
Adam Juma
Ahfiz Bashir Abdalkrim
Minni Abdalkrim Dhaia
Hamed Isak Jumallah
Siddic Jusef Abdalbnat
Fki Bakit
Hussein Hashim

Riporto la notizia che mi è stata comunicata da poco tempo dai rifugiati politici del Darfur a Roma.
Tredici nomi per non dimenticare, tredici vittime che tra ieri ed oggi hanno trovato la morte nei villaggi di Ajara e Omscigera, a sud est del Darfur. Leggi il resto

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martedì, ottobre 09, 2007

Al via pesante offensiva sudanese contro i ribelli: 7000 sfollati in un giorno.

Circa 100 morti e 7000 nuovi sfollati in un giorno, che si aggiungono ai 240.000 dall'inizio del 2007. E' il triste resoconto di venerdì scorso.
Succede anche questo in Darfur, se il giorno è quello dell'attacco da parte dell'esercito sudanese alla città di Haskanita , completamente rasa al suolo, fatta eccezione della moschea, dieci giorni dopo l'uccisione di 10 soldati dell' Unione Africana da parte di un gruppo di ribelli.
Un'altra città, Muhajiriya, in Sud Darfur, controllata dall'unica fazione ribelle signataria del trattato di pace del 2006 sul Darfur ( SLA di Minni Minnawi) è stata bombardata ieri, lunedì, nonostante le offensive aeree siano vietate da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Forze regolari sudanesi si starebbero inoltre ammassando intorno a Tine, sul confine con il Ciad, per proseguire gli attacchi alle aree controllate dai ribelli nel Nord Darfur. Secondo Amnesty International, l'attacco sarebbe imminente.
Un'improvvisa escalation dell'offensiva sudanese, che non dà adito a molte speranze per i negoziati di pace di Tripoli, in Libia, il 27 ottobre prossimo.

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L'inferno continua...

Nuove violenze in Darfur, uccise cinquanta persone
Ora a rischio i colloqui di pace previsti in Libia

Una nuova azione militare del governo sudanese ha causato la morte di circa cinquanta persone, per lo più civili ma anche esponenti del gruppo del Slm che nel 2006 firmò l'accordo di pace con il governo di Khartoum ad Abuja, in Nigeria.
Ora, dopo l'attacco lanciato dalle truppe governative alla città di Muhajeria, nel Darfur del Sud, area sotto il loro controllo. I ribelli minacciano di riprendere le ostilità.
Khartoum, come al solito, ha smentito ogni coinvolgimento, affermando che la città sarebbe stata presa d'assalto da "tribù della zona".
Questo episodio segue la segnalazione di alcuni giorni fa di alcuni osservatori Onu i quali hanno denunciato che Haskanita, un villaggio del Darfur sotto il controllo delle truppe sudanesi, è stato raso al suolo presumibilmente in un atto di vendetta dopo l'attacco contro una base di peacekeepers della forza dell'Unione africana la scorsa settimana.
I ribelli della fazione del Movimento di Liberazione del Sudan guidato da Minni Minnawi affermano di avere le prove della responsabilità del governo per entrambi gli attacchi.
"Non sappiano dire quanti militari, janjaweed (miliziani arabi alleati del governo, ndr) e quanti aerei ci abbiano attaccato", ha detto il portavoce di Minnawi, Saif Haroun “ma una cosa è certa: avevano divise e armi governative”.
"La nostra pazienza sta per esaurirsi - ha aggiunto il capo di stato maggiore dell'Slm, Arku Suleiman - chiediamo alla comunità internazionale di intervenire e avvertiamo che qualunque nuovo attacco delle forze governative contro Muhajeria o contro altre zone, determinerà la nostra ripresa delle ostilità e la nostra guerra sarà più dura, più diffusa e peggiore di quanto avvenuto in passato per il Sudan".
Secondo quanto riferito da Suleiman, nell'attacco sono rimaste uccise 48 persone.
I dettagli sui combattimenti a Muhajeria sono ancora poco
chiari. La zona è da mesi interdetta agli operatori umanitari. Stando a un funzionario Onu, gli scontri sarebbero scoppiati alle 13 locali di ieri con un attacco dei janjaweed, ma la fonte non ha saputo confermare se i miliziani abbiano agito dietro ordine del governo o di propria iniziativa. I membri dell'Slm sarebbero stati cacciati dalla città poco prima del tramonto.
Il portavoce di Minnawi ha precisato che più della metà della città è stata data alle fiamme. Secondo i ribelli, la città ospita circa 160.000 persone, tra cui numerosi sfollati. Non è chiaro perché Khartoum abbia attaccato il gruppo di Minnawi. Il suo portavoce sostiene che il governo mira a rafforzare la sua posizione e a indebolire quella dell'Slm in vista dei colloqui di pace in Libia, in programma il prossimo 27 ottobre in Libia.
La violenza delle ultime settimane rischia tuttavia di far
fallire i negoziati, previsti in Nigeria, volti a porre fine a oltre quattro anni di conflitto. E tutto ciò non fa altro che rallentare il processo di pacificazione necessario a garantire la sicurezza della popolazione del Darfur che continua ad essere vittima di soprusi indicibili e delle conseguenze di questa sporca guerra.
Il conflitto, inoltre, rischia di ampliarsi oltre il Sudan. A lanciare l'allarme è il capo delle operazioni di peacekeeping dell'Onu, il francese Jean-Marie Guehenno, che ha sollecitato un adeguamento tecnologico per la forza di pace nella regione.
Secondo Guehenno, la situazione della sicurezza sul terreno si e' deteriorata e al momento c'è un peggioramento della "spirale di violenza", soprattutto nel sud del Darfur.
Il sottosegretario generale ha confermato la denuncia della missione dell'Onu in Sudan, secondo cui la popolazione di Haskanita, che si trovava sotto il controllo dell'esercito sudanese, ha subito l'aggressione di un gruppo armato non identificato.
"E' preoccupante che una città sotto il controllo del governo sudanese sia messa a ferro e fuoco", ha detto, ma l'accaduto dimostra "la necessità di poter contare su truppe mobili, con capacità di imporsi in qualunque
situazione".
Guehenno ha confermato anche il recente attacco a una base di peacekeeper dell'Unione africana, sempre ad Haskanita, costata la vita a dieci soldati.
Secondo Guehenno, la missione di pace dell'Onu e dell'Ua (Unamid) deve essere rafforzata con varie unità di elicotteri da trasporto, veicoli da trasporto terrestre ed elicotteri tattici; il che permetterebbe all'Unamid un'adeguata mobilità e il potenziale di fuoco necessario per coprire l'intero Darfur, che ha un'estensione pari a quella della Francia.
Antonella

Fonti Apcom, Agi, Reuters, Efe

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domenica, ottobre 07, 2007

Sudan's Daily Voices: la blogosfera sudanese ci premia

Quella che segue potrebbe apparire una notizia per soli addetti ai lavori, ma il dato assume un ben più alto valore simbolico, come ogni posizione guadagnata nelle classifiche dei blogs: più è alta questa posizione, maggiore è quindi il numero di persone che ci leggono e raccolgono -lo speriamo- il nostro appello per il Darfur.
Sudan's DailyVoices fornisce la classifica dei primi 15 blog che giorno per giorno registrano il maggior grado di attenzione riscosso dalla comunità dei bloggers sudanesi. Il solo esserci, in questa classifica decisa dalla blogosfera sudanese, sarebbe già un successo, se non fosse che oggi, 7 ottobre, il blog di Italian Blogs for Darfur, capofila della campagna on-line di Italians for Darfur, è salito alla 13° posizione.

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sabato, ottobre 06, 2007

Il nostro blog scala le classifiche!

Al suo primo anno di vita, il blog di Italians for Darfur si piazza al 228.mo posto nei Blog Award di Blogbabel. Il mio personale ringraziamento, formale in apparenza, di cuore in sostanza, va a tutti coloro che ci hanno aiutati.

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"Dov'è la speranza?", Intervento dell'ON. Zacchera (AN) a Strasburgo

STRASBURGO(Aise): Non basta inviare aiuti umanitari: per risolvere la crisi in Darfur è necessario costringere i governi al rispetto dei diritti umani. Questo, in sintesi, quanto sostenuto da Marco Zacchera, responsabile esteri di Alleanza Nazionale che, membro della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea del Consiglio d’Europa, lo scorso 2 ottobre è intervenuto a Strasburgo nella sessione ordinaria di lavori sulla crisi umanitaria in Darfur.
On. Marco Zacchera (AN)"Sono stato in Darfur tre mesi fa", ha esordito Zacchera. "Ho visitato la situazione sia a Kartum sia nel Darfur. Ho visto e denuncio il livello ridicolo dei soldati dell’Unione Africana: soldati senza volontà, senza ordini, senza mezzi, a luglio non prendevano la paga da cinque mesi e che ovviamente stavano ben chiusi nelle loro caserme per paura, uscendo, di essere uccisi perché non avevano la possibilità di controllo neppure a pochi chilometri dai loro campi. Poi – ha aggiunto - ho visitato i campi profughi del Darfur. Ho visto, sì, che arriva il cibo, arrivano le medicine. Ma quegli uomini e quelle donne, a decine di migliaia sono stipati in campi che sono in mezzo al deserto, in mezzo al nulla. Ho visto gli occhi di quella gente. Alle cinque della sera, gli aiuti umanitari e gli assistenti vanno via, e c’è il buio perché non esiste una luce, non esiste un fuoco, non esiste la luce elettrica. C’è la paura di quelli che arrivano perché nessuno li difende".
"Eppure – ha osservato il deputato italiano - tutti sanno che il governo del Sudan ha delle pesantissime responsabilità in questo: queste cose sono volute, non nascono per caso. Certo, ci sono stati problemi ambientali, c’è stato il problema della siccità, di queste popolazioni che si sono mosse, ma il governo sudanese ha delle responsabilità catastrofiche in questa situazione e può continuare a fare quello che vuole. La scorsa settimana, colleghi, la scorsa settimana sono stati consegnati ottanta fuoristrada ai ribelli. Tre giorni fa sono stati massacrati i soldati dell’Unione Africana, attaccati in una delle loro basi".
"Queste – ha sottolineato Zacchera - sono delle responsabilità gravi che bisogna avere il coraggio di dire. Se non siamo in grado di costringere i governanti alle proprie responsabilità, noi non contiamo nulla. Possiamo approvare tutte le risoluzioni del mondo, non cambia nulla. Il Sudan è un paese ricco, il suo sottosuolo è pieno di petrolio, i cinesi ci fanno gli affari, ora anche se poco una parte delle società europee saranno in Darfur, e se non in Darfur in altre parti del Sudan e cercheranno di partecipare anche loro all’estrazione. Allora è indispensabile ma – ha sostenuto con fermezza il deputato - non serve mandare solo aiuti umanitari, bisogna costringere i governi a fare rispettare i diritti umani dei propri cittadini altrimenti anche gli aiuti umanitari servono a poco anche perché, bisogna dire, la grandissima parte delle spese è per l’organizzazione, solo una goccia arriva a destinazione. Oltre il 95% di quanto costa l’aiuto umanitario – ha denunciato Zacchera - viene speso nell’organizzazione: a quella gente non va nulla, ma non c’è nulla da fare. Concludo, amici, nei campi profughi si sopravvive, non si vive. Che differenza c’è fra i conigli, che alleviamo nei nostri orti o negli allevamenti e degli esseri umani confinati senza nulla in campi da mesi, da anni. Dov’è la speranza? Io sono angosciato per la situazione in Darfur. Ho visitato nel 1994 anche il Ruanda. Era diverso là. Qui siamo in mezzo ad un deserto, non c’è nulla eppure vivono milioni di esseri umani. Come possiamo – ha concluso - non sentirci coinvolti in questa situazione?".
Molto attivo nel sociale, Zacchera nel 1980 ha fondato "Verbania Center" un’associazione "piccola ma concreta, funzionale" che in questi 27 anni ha raccolto fondi destinati alla costruzione di scuole, acquedotti, cooperative, dispensari in Africa, America Latina e nell’Est Europeo prima dell’allargamento della UE.
La prossima iniziativa promossa dall’associazione per la raccolta fondi è "Un fiore per l’Africa", mostra mercato di oltre 100 acquerelli del pittore Giorgio Florio che sarà ospitata dal 12 al 14 ottobre da Palazzo Viani sul lungolago di Verbania Pallanza. (aise)

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venerdì, ottobre 05, 2007

GSMA, telefonia mobile per i rifugiati

L'Associazione GSM, che gestisce la telefonia mobile di seconda e terza generazione, investe per dare infrastrutture ai rifugiati. Nel comunicato stampa non si faceva riferimento al Darfur ed ho chiesto spiegazioni, venendo a sapere che nel campo ugandese sono presenti rifugiati darfuriani.

Qui di seguito metto titolo e link del comunicato, la mia mail al responsabile e la sua risposta.

[Press release]
Mobile To Connect Refugees To Vital Services
GSMA, UNHCR, MTN and Ericsson to bring mobile services to refugee camps

[Question]
This is Leo Sorge, an italian journalist specialised in technology. I
care about Africa in general and in the last months I tried to let
italians know about the situation in Darfur
(http://itablogs4darfur.blogspot.com holds also some international
contribution in english).
As a subscriber to GSMA newsletter I also received the press release
about GSMA help to refugees. I am very happy of this, but let me ask:
why Darfur is not included in the list? I would like to know if there is
any answers, to give the news in a complete form on our blog.
Please let me know.
Thanking you in advance, I remain


[Answer]
Hi Leo,
Thank you for your email.
The refugee camps being targeted for the pilot are in Northern Uganda
and contain refugees from Darfur. The pilot is designed to test the
concept. Assuming it is sustainable, the programme will be expanded to
refugee camps in other countries.
Hope this helps and please don't hesitate to get in contact if you
require further information.

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E se lo impediscono a lui...


...figuriamoci a noialtri!

Da "City" edizione romana del 4 ottobre 2007.

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mercoledì, ottobre 03, 2007

Stefano Cera: "Le sfide della diplomazia internazionale. Il conflitto nel Darfur "

Stefano CeraA distanza di alcuni mesi, riproponiamo il contributo di Stefano Cera, rinnovando i nostri sinceri ringraziamenti per la fattiva collaborazione. Docente e relatore di programmi di formazione e aggiornamento, fra gli altri, del CoESPU (Centro di Eccellenza per le Stability Police Units), del CASID (Centro Alti Studi della Difesa) e SSAI (Scuola Superiore dell' Amministrazione dell'Interno), Stefano Cera è autore del volume “Le sfide della diplomazia internazionale. Il conflitto nel Darfur - L’escalation della questione cecena: i sequestri di ostaggi del teatro Dubrovka e della scuola di Beslan” (edito da LED Edizioni).

Mukesh Kapila, il coordinatore dei diritti umani in Sudan, alla fine del 2003 ha definito la situazione nel Darfur come “la crisi umanitaria più grande del mondo”…purtroppo dopo oltre tre anni la situazione resta la stessa, anzi sotto molti aspetti possiamo dire che è addirittura peggiorata.
Le radici del conflitto
Il conflitto nel Darfur viene conosciuto a livello internazionale a partire dal 2003, quando le forze ribelli che raccolgono le tensioni presenti all’interno delle comunità africane, reagiscono agli attacchi condotti dai janjaweed, con l’appoggio del governo di Khartoum. In realtà il conflitto nasce molto prima, quando, a partire dalla fine degli anni ’80, i tradizionali contrasti tra comunità africane, legate ad un’economia agricola e stanziale e le tribù di origine araba, dedite invece alla pastorizia ed al nomadismo, vengono acuiti dall’affermarsi dell’arabismo, ossia una nuova ideologia razzista che punta l’attenzione sull’esaltazione della nazione araba a scapito delle comunità africane. Per reazione alle continue discriminazioni, vissute a tutti i livelli (tribunali, luoghi di lavoro, amministrazione ed esercito) nonché ai sempre più numerosi attacchi da parte delle milizie arabe (i famigerati janjaweed, ossia i “diavoli a cavallo”), le comunità non arabe riscoprono la loro “africanità” è, nel 2000, compare il “Libro Nero”, pubblicato, pur senza riportare alcuna informazione su autori e luogo di pubblicazione, da un comitato di 25 esponenti che si auto-definiscono “Coloro i quali ricercano la verità e la giustizia”; lo shock determinato dal volume non riguarda tanto i contenuti (che non costituiscono una novità in assoluto), quanto il fatto che con esso è stato infranto un tabù, dal momento che è stato dato alle stampe qualcosa che tutti conoscevano ma che, fino ad ora, nessuno aveva avuto il coraggio di rendere esplicito.
Inizio della ribellione
Nel 2003 le forze ribelli, legate alle comunità africane (soprattutto Fur – che costituiscono l’etnia più numerosa nella regione, tanto che lo stesso nome Darfur significa “dimora dei Fur”, da “dar”, casa, dimora in arabo -, Zaghawa e Masalit), salgono agli onori della cronaca per gli attacchi ad alcune stazioni di polizia, caserme e convogli militari. I ribelli sono organizzati soprattutto in due movimenti:
• il Sudan Liberation Army/Movement (SLA/M), che appare dopo breve tempo profondamente diviso al suo interno in seguito ai contrasti da Abdel Wahid, la guida politica del movimento, di etnia Fur e Minni Minawi, uno dei capi militari più importanti, di etnia Zaghawa
• il Justice and Equality Movement (JEM), maggiormente unito al suo interno, sotto la guida di Khalil Ibrahim e legato ad Hassan al-Turabi, in precedenza ideologo del governo islamico di Bashir.
In seguito alla ribellione del marzo 2003, il governo considera la controffensiva inevitabile, anche grazie al supporto delle milizie dei janjaweed, diventate nel frattempo vere e proprie forze di combattimento para-militari.
I tentativi di negoziato
Nel conflitto del Darfur vi sono stati diversi tentativi negoziali, a carattere locale e a livello internazionale, questi ultimi avvenuti sia sotto l’egida di alcuni paesi vicini (esempio il Chad, la Libia) sia sotto l’egida dell’Unione Africana. In particolare questi ultimi meritano grande attenzione visto che, a partire dal 2004, si sono svolti diversi round di colloqui (prima ad Addis Abeba e poi ad Abuja), che hanno portato, nel maggio 2006, al Darfur Peace Agreement (DPA), sottoscritto dal governo di Khartoum e da una delle fazioni dello SLA/M (quella di Minawi, che entra a far parte del governo centrale). I tentativi negoziali sono stati caratterizzati dalla profonda frammentazione all’interno delle forze ribelli (in seguito ai contrasti sulla leadership tra esponenti militari e politici e tra capi militari delle “vecchie” e delle “nuove” generazioni,) dalla mancanza di competenze specifiche da parte delle delegazioni (i movimenti ribelli non definiscono una piattaforma negoziale comune e si presentano profondamente divisi nelle loro posizioni di fronte al governo), dalla posizione intransigente di Khartoum (che preferisce ottenere una vittoria militare contro i ribelli piuttosto che “dialogare per scendere a patti”) e dalla particolare attività come mediatore dell’African Union (che non agisce come terzo neutrale facendo pressioni sulle forze ribelli affinché accettino la bozza di accordo).
La situazione attuale
Tuttavia, così come accaduto in altri recenti conflitti (esempio in Ruanda dove la tragedia della guerra civile è nata da un accordo di pace non rispettato dalle parti), l’accordo del maggio 2006 si è dimostrato del tutto inefficiente ed ha finito per peggiorare la situazione, in quanto non è stato sottoscritto da alcune fazioni dello SLA/M, dal JEM e da altre forze significative nella regione (ad esempio il Sudan Federal Democratic Alliance, SFDA, di Diraige e Harir). Con l’importante eccezione di Wahid, quasi tutte le forze contrarie al DPA si sono successivamente riunite nel National Redemption Front (NRF), contro cui, a partire dal mese di settembre 2006, il governo di Khartoum ha iniziato una offensiva militare, a cui sono associati i sempre più frequenti attacchi da parte delle milizie dei janjaweed. Il conflitto, che ha già provocato oltre 200.000 morti e due milioni di profughi (su una popolazione totale stimata di 7 milioni), rischia al momento di estendersi ad altri paesi, fra questi il Chad (dove si registrano tensioni sempre più forti con il governo di Khartoum) e la Repubblica Centro-africana.
La missione dell’Unione Africana
Nell’aprile del 2004 inizia la missione dell’Unione Africana nel Darfur; il mandato inizialmente è solo quello di proteggere il gruppo di 120 osservatori del cessate il fuoco sottoscritto nel mese di aprile 2004 e nulla è previsto per l’aiuto alla popolazione civile del Darfur. Successivamente il mandato viene ampliato attraverso la definizione di misure di confidence-building (di “costruzione della fiducia” tra le parti), la protezione dei civili che si trovano sotto minaccia imminente e nelle immediate vicinanze (resta inteso però che la protezione della popolazione civile è di precisa responsabilità dello stato) e tutte le attività necessarie per contribuire alla creazione di un ambiente sicuro per gli aiuti umanitari e per permettere il ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati. La missione, rinnovata nel novembre del 2006 per un periodo di sei mesi, presenta numerosi punti deboli in quanto il mandato, per quanto ampliato, appare ancora inadeguato rispetto alle esigenze reali del Darfur; inoltre la missione manca di risorse significative e dipende troppo dalla volontà di cooperazione del governo di Khartoum (e dal momento che il governo non ha mai mantenuto l’impegno di porre un freno alle violenze, esistono forti perplessità circa l’effettiva volontà del governo di cooperare con la missione).
La proposta di missione ONU
Il 31 agosto 2006 il Consiglio di Sicurezza ONU ha approvato la Risoluzione 1706, attraverso la quale ha esteso alla regione del Darfur il mandato della missione ONU in Sudan (UNMIS), chiamata a monitorare l’accordo di pace tra Nord e Sud del paese del gennaio 2005; la risoluzione prevede il dispiegamento di una forza di oltre 20.000 uomini, con un mandato che rientra nel quadro del Capitolo VII della Carta ONU, per il rispetto del DPA e per la protezione dei civili, del personale ONU e degli operatori umanitari. Il regime continua tuttavia a rifiutare la presenza di truppe ONU, preferendo continuare a ragionare secondo una logica “africana”; la posizione ufficiale di Khartoum è che la presenza della forza ONU determinerebbe una profonda instabilità nella regione, con la conseguenza di attrarre molti militanti di al-Qaida. Gli analisti invece mettono in evidenza che il rifiuto è determinato soprattutto dal timore che la sua presenza ONU potrebbe facilitare l’incriminazione da parte della Corte Penale Internazionale (ICC) di esponenti del governo e dei capi delle milizie dei janjaweed. Per mobilitare l’opposizione popolare contro il dispiegamento della forza militare, il regime utilizza la retorica nazionalista e anti-occidentale, con argomentazioni di stampo religioso.

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Darfur, a rischio il dispiegamento della nuova forza di pace

I segnali che arrivano dal Darfur sono ormai inequivocabili. E’ ormai chiaro che sia in atto un disegno per rallentare il più possibile il dispiegamento della forza di interposizione che dovrebbe ampliare l’attuale missione dell’Unione africana, che conta settemila uomini.
A pochi giorni dall'attentato costato la vita a dieci çaschi verdi è la stessa Ua a chiedere che la comunità internazionale velocizzi lo schieramento dei militari Onu.
La situazione appare alquanto nebulosa: da una parte il governo sudanese sostiene che a lanciare l'attacco contro una base dell’Amis nella regione occidentale del Sudan siano stati i ribelli fuoriusciti dal Sudan liberation movement, dall’altra i due principali gruppi di guerriglieri del Darfur negano ogni coinvolgimento di loro uomini nell’agguato.
Il leader del Slm, Abdel Wahid al Nur, ha condannato con forza l'attentato e ha sollecitato un'inchiesta urgente per identificare gli aggressori e consegnarli alla giustizia.
Anche il portavoce del Movimento per la giustizia e
l'uguaglianza (Jem), Ahmed Hussein Adem, ha smentito ogni attività ostile nei confronti delle forze Ua e ha controbattuto accusando Khartoum.
I ribelli affermano che le forze armate del governo, appoggiate dai janjaweed, erano vicine all'area di Haskanita - su tre diversi fronti - nei giorni precedenti e successivi all’attacco.
Ma i militari Ua sopravvissuti hanno puntato il dito contro un gruppo di guerriglieri di cui sarebbero stati identificati diversi componenti.
Il quadro è tutt’altro che definito e il rischio che possa saltare l’insediamento del comando della nuova missione è sempre più alto.
Un duro monito è giunto dal presidente del Senegal, Abdoulaye Wade, il quale ha chiesto un'indagine per appurare se i militari aggrediti sabato scorso fossero adeguatamente armati. Se il responso dell'inchiesta fosse negativo Wade ha già dichiarato che ritirerebbe tutte le forze senegalesi dal paese, nonostante il Senegal abbia già assunto l’impegno di inviare 1.600 uomini in Darfur.
Il contingente Onu-Ua dovrebbe essere composto perlopiù da militari africani, con il sostegno logistico e finanziario delle Nazioni Unite. Se ci fossero defezioni la tenuta della missione potrebbe venir meno.
L'attentato dei giorni scorsi dimostra quanto sia importante che la nuova forza di peacekeeping risulti consistente e bene equipaggiata per avere una speranza di riuscire a garantire la sicurezza della popolazione, oltre che dei militari stessi. E bisogna fare presto. La gente del Darfur non può più aspettare.
Antonella

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lunedì, ottobre 01, 2007

Italia, Germania e Francia a confronto: a New York si parla -anche- di Darfur.


La 62sima Assemblea Generale dell'ONU si è aperta il 25 Settembre, al Palazzo di Vetro a New York. Si è parlato anche di Darfur. Lo ha fatto per primo il Segretario Generale Ban-ki Moon, rilanciando la via del negoziato di pace a fine ottobre in Libia. Un tavolo della pace che, disertato già in partenza dai più carismatici leader ribelli e dalla controparte civile - non invitata-, e alla luce degli accordi mai rispettati da parte di Karthoum, non potrà che essere fallimentare e lascierà spazio- mesi, anni- alle milizie della morte che colpiscono i villaggi in Darfur. L'attacco di un gruppo di ribelli ai caschi bianchi dell' Amis, che sia stato o meno supportato dal governo sudanese con armi e informazioni, è il primo segno di un equilibrio che sta per rompersi, quello che vede contrapposte forze governative e filo governative da una parte e forze ribelli dall'altra. Divide et impera. Era il 1985, quando la divisione dell'UMMA, il partito dominante, portò Sadiq-al-Madhi a strumentalizzare la dicotomia africani-arabi per dividere e guidare l'elettorato. Da allora ben poco è cambiato.
Al Palazzo di Vetro, anche i Capi di Stato Europei non hanno dimenticato il Darfur.

Prodi(Italia):

"Negli ultimi anni le Nazioni Unite hanno continuato a svolgere un ruolo centrale nella risoluzione delle dispute internazionali. I casi di Libano e Darfur dimostrano che se gli Stati membri vogliono far giocare un ruolo centrale alle Nazioni Unite, l'Organizzazione adempie al compito assegnato. [...] Ciò di cui abbiamo bisogno innazitutto è un'Organizzazione capace di rinnovarsi e adattarsi. Negli ultimi due anni il processo di riforma ha prodotto i suoi primi risultati positivi.
Le Nazioni Unite sono profondamente impegnate in Africa. oltre due terzi dei caschi blu sono stati dispiegati in Africa in missioni di peacekeeping. L'Italia perseguirà questo compito attraverso la fondazione del "Peace facility Fund" per l'Africa, la quale integrerà l'equivalente fondo europeo. Darfur e Somalia rimangono due delle nostre preoccupazioni centrali."

Sarkozy(Francia):

"Non ci sarà pace nel mondo finchè la comunità internazionale non resterà unita nella sua determinatezza di porre fine alle guerre nel Medio Oriente; se tollera l'orrore in Darfur; se volge un occhi ceco alla tragedia del Libano o al disastro umanitario della Somalia."

Merkel(Germania):

"Ognuno deve essere nelle condizioni di seguire la propria via - ma deve essere una strada all'interno della comunità internazionale, non al di fuori di essa. Questa strada prende chiaramente il via da ovunque vi siano massive violazioni dei diritti umani, come in Darfur. Una tragedia umanitaria vi ha luogo.
Troppo tempo è già stato sprecato. Ora è tempo di agire. Il crimine commesso non deve restare impunito."

Leggi: Guida alla risoluzione 1769 dell'ONU (EN)

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