Il blog di Italians for Darfur

giovedì, agosto 28, 2008

Dirottamento? Messinscena governativa

Così ha risposto Esam Eldin Elhag, portavoce dell'SLM in Sudan, su Panorama.it.
Riportiamo alcune affermazioni, rimandando per dettaglio all'intero articolo.

È un’accusa totalmente falsa, inventata dal governo sudanese per distogliere l’attenzione dai massacri dell’esercito in Darfur.

Signor Elhag, i due dirottatori sostengono di essere membri dell’Slm, in particolare della fazione facente capo a Abdel Wahid Mohammed al-Nur. A lei risulta che sia la verità?

Niente di più falso. Posso affermare sia a nome del nostro gruppo che di quello di al-Nur che l’Slm non ha mai compiuto azioni contro civili, né in Darfur né altrove. Questa messinscena è opera del governo sudanese. Sono anni che a Khartoum premono perché l’Slm e il Movimento per la Giustizia e l’Uguaglianza (Jem, l’altro gruppo ribelle darfurino, ndr), siano inclusi nella lista delle organizzazioni terroristiche. Sperano di screditare la nostra azione e di distogliere l’attenzione internazionale dai massacri dell’esercito.

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mercoledì, agosto 27, 2008

Daniel da Nyala: "Non so come spiegare queste scene da catastrofe "

Seguiamo con attenzione le testimonianze di Daniel, che ci giungono attraverso Fiorenzo, al quale l'amico in Darfur scrive abitualmente. Fiorenzo e il suo gruppo sostengono con una bancarella informativa e solidale il progetto per le donne del campo profughi nei pressi di Nyala, teatro, in questi giorni, di un drammatico assedio da parte delle forze governative sudanesi.

"Purtroppo siamo nel dolore per due motivi che cerchero di spiegarli alla meglio senza apparire molto. [Le comunicazioni per e dal Sudan sono abitualmente sottoposte a censura governativa, n.d.r.].
Prima sofferenza e causata dalle piogge che in ritardo hanno portato via quasi tutto capanne vecchi bambini e donne robe impensabili questo sempre a kalma. Non so come spiegare queste scene da catastrofe aveva una tale forza che non si puo descrevere e qui sono scomparsi centinaia esseri umani. Si stavano riprendendo alla meno peggio con sofferenze atroci no che la notte scorsa è avvenuto il peggio che sono stati presi di mira sempre come l altra volta. Non si sa di preciso di quanti sono perchè hanno chiuso ogni via e anchio non posso andare al centro da due giorni. Da voi forse ne saprete molto di più cosi cerca che troverai. Non so darmi un perchè di cosi tanta sofferenza causata da fattori inspigabili e che ci soccombono di più sono sempre i più poveri e indifesi ...... Ora anche a nome del gruppo di donne che vengono al centro ( non ho più notizie di loro speriamo che non abbiano sofferto molto). Domani chiamo il responsabile cosi sapro come stanno le cose speriamo che non abbiano perso qualche persona cara.
.......... Ora termino e se ho nuove notizie ve le mando subito.
Un grazie di cuore a tutti e un bel abbraccio a ciascuno vostro"
Daniel

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Dirottamento: liberati i passeggeri

Sono stati rilasciati gli 87 passeggeri e gli 8 membri d'equipaggio del 737 dirottato ieri.

Il capo dei dirottatori, identificatosi come Yassin, avrebbe dichiarato che il commando fa parte della fazione dell'SLM guidata da Abdel Wahid Nur e inizialmente avrebbe chiesto benzina a sufficienza per arrivare a Parigi.

Successivamente i dirottatori sono stati arrestati.

Abdel Wahid, che risiede in Francia, avrebbe negato l'appartenenza dei dirottatori al suo gruppo.

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martedì, agosto 26, 2008

Dirottato in Libia il Nyala-Khartoum


Un Boeing 737 della compagnia sudanese Sun Air con circa 87 passeggeri e 10 persone di staff a bordo è stato dirottato oggi poco dopo il decollo da Nyala. I dirottatori volevano raggiungere l'Egitto, ma dopo il rifiuto del Cairo hanno ripiegato sulla Libia e l'aereo è atterrato nell'oasi di Kufra, nel deserto del sud-est.

A bordo del velivolo ci sono tre alti esponenti della fazione di Minni Minnawi e potrebbero esserci anche esponenti del governo del Darfur. Non è chiaro quanti siano i dirottatori e quali armi abbiano potuto usare.

Kalma, la città degli ultimi scontri, è vicina a Nyala. Secondo fonti Unamid, il bilancio dello scontro di lunedì è attualmente di 64 morti e 117 feriti, dei quali 49 portati all'ospedale di Nyala. I militari sudanesi erano ben equipaggiati, mentre i darfuriani avevano solo bastoni e coltelli ed hanno cercato di difendersi facendosi scudo con un muro di donne e bambini.

Non è chiaro se il dirottamento sia collegato alla strage.

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TORINO: manifestazione dei rifugiati del Darfur in Italia per la giustizia in Darfur

I rifugiati del Darfur si sono riuniti sabato 23 Agosto a Torino, in Piazza Castello, per chiedere giustizia in Darfur.
"Fermiamo il massacro, processiamo i colpevoli!"

La manifestazione ha visto la partecipazione di numerosi esponenti della comunità darfuriana in Italia, concentrata soprattutto a Roma, Milano, Torino e Parma. Suliman Ahmed è il rappresentate degli esuli del Darfur, scappati dalla loro terra in fiamme per portare la loro testimonianza anche nel nostro Paese. Lo abbiamo interpellato per raccontarci come è andata a Torino: "Molto bene, sono molto soddisfatto, abbiamo visto una buona partecipazione e solidarietà della gente. Ma oltre alle parole, sebbene sincere e solidali, ci aspettiamo che si prendano presto misure concrete per arrestare la ferocia dei criminali in Darfur". Suliman ci fa sapere infatti che, appena un'ora prima dalla nostra conversazione, i morti a Kalma, campo profugo di Niala, sono saliti a 37 e i feriti a 100, in seguito agli attacchi governativi, che non sono mai cessati dal finto accordo di pace di Abuja.

Proprio per sollecitare il cammino della giustizia internazionale in Darfur i manifestanti hanno richiamato l'attenzione su Ahmad Harun e Ali Kushayb, accusati di gravi crimini contro l'umanità.

Il Tribunale Penale Internazionale ha emesso, infatti, da oltre un anno, un mandato di arresto per i due principali sospettati di gravi crimini contro l’umanità. Ahmad Harun e Ali Kushayb, rispettivamente Ministro agli Affari Umanitari e capo della milizia janjaweed, hanno a loro carico ben 51 capi di accusa per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, incluse esecuzioni sommarie, persecuzioni, torture e stupro, ma non sono stati ancora consegnati dal governo sudanese all’ autorità internazionale.

Il 14 luglio scorso,inoltre, il Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha chiesto l'arresto per crimini contro l'umanità dello stesso Presidente sudanese Hassan Al-BAshir, a dimostrazione della grave situazione dei diritti umani in Sudan, dove proprio nei giorni scorsi sono state emesse oltre 20 condanne a morte.

Per maggiori informazioni: Suliman Ahmed kois2778[AT]maktoob[DOT]com

La campagna per la giustizia in Darfur è promossa anche da Italians for Darfur e la Save Darfur Coalition: vedi il video delle testimonianze e il video spot dei Negramaro.

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Torino scopre l'arte virale: sconsigliati i vaccini.

Italian Blogs for Darfur, grazie al contributo e alle segnalazioni dei lettori, diventa anche un contenitore creativo. Dal disegno e dala fotografia alla musica, con qualche salto nella pittura. Vi abbiamo già mostrato la tela di Jole Noemi Marischi per "Io bloggo per il Darfur" e la creazione di Macro "Darfur Souvenir", esposta al BAD Museum di Napoli. Oggi vi segnaliamo "Darfur", l'opera di Graziella Gola, Torino, con la quale partecipa al concorso Premio Celeste.
"La decisione di partecipare al concorso con quest'opera segna una svolta nel mio essere artista, il passaggio verso un'arte più impegnata. Ho voluto approfittare della visibilità offerta da un concorso on line per proporre un' immagine che rimanda al dramma del Darfur, un'immagine "forte", il cui eco mi auguro contribuisca a risvegliare l'attenzione e la coscienza di chi la guarda" - scrive Graziella Gola.
Anche Rossella Fava , Torino, ci invia il suo contributo personale alla campagna per il Darfur. Paura, ansia, terrore, ma anche sguardi profondi e accusatori nelle opere delle due artiste. Rossella vuole infettarci tutti: ViralArt, così la chiama, è una operazione che "nasce dalla necessità di diffondere l'arte al di fuori degli spazi convenzionali, tra la gente comune, anche tra quelle persone che mai si sognerebbero di entrare in una galleria o in un museo...
L'arte dovrebbe essere un modo di comunicare immediato e universale non riservato ad un'élite".
Soprattutto se diventa veicolo di solidarietà e denuncia.

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lunedì, agosto 25, 2008

Almeno 30 le vittime di Kalma

Negli ultimi giorni attacchi governativi al campo profughi di Kalma hanno portato ad almeno 18 morti, circa 90 feriti e parecchie case bruciate. Purtroppo il numero di vittime è già salito ad almeno trenta, secondo nostre fonti.

La scorsa settimana sono stati riportati nuovi attacchi ai campi profughi in Darfur. La missione Unamid aveva subito attacchi a due elicotteri, in un caso apparentemente da forze JEM che poi si è scusato per l'errore.

La situazione potrebbe precipitare.

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martedì, agosto 19, 2008

Il mondo diviso tra giustizia e realpolitik

Ritorniamo sulla questione della richiesta di condanna del Presidente del Sudan al-Bashir da parte del Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Moreno-Ocampo. Lo facciamo attraverso un commento di Valerie Miranda, esperta di prevenzione e gestione dei conflitti nei paesi africani. Il commento è interessante, perchè chiarisce il dibattito internazionale intorno alla richiesta di Ocampo e sintetizza considerazioni di carattere giuridico e politico. Ricordiamo che la posizione dell'Associazione è chiara nel considerare in maniera positiva l'incriminazione di Bashir (Nota di Stefano Cera).

di Valerie Miranda
Accontentare tutti, si sa, è sempre difficile. Ancora di più quando si tratta dei membri della Comunità internazionale. Questa regola generale trova nuova conferma in relazione alle recenti notizie riguardanti il Presidente sudanese Omar al-Bashir.
Chi sperava che grida di gioia si levassero in ogni parte del mondo a seguito della sua incriminazione per genocidio in Darfur, richiesta dal Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Moreno-Ocampo, è restato profondamente deluso. Gli unici che si sono proclamati all’unanimità soddisfatti del mandato di arresto – che comunque dovrà essere confermato nei prossimi mesi da un panel di giudici della CPI – sono i ribelli darfuriani.
Il fronte degli scettici è invece molto ampio e composito, comprendendo tanto numerosi Stati quanto diversi funzionari di organizzazioni internazionali e di ONG, attive nel Darfur (Oxfam, ActionAid). Pur ritenendo legittima la richiesta di Ocampo, molti infatti ritengono che arrivi al momento sbagliato.
È lo scontro tra la logica della giustizia e quella della diplomazia. Il fine ultimo, cioè interrompere la tragedia che si sta compiendo nella regione sudanese, è da tutti condiviso; la scelta dei mezzi non lo è altrettanto. Chi sostiene il Procuratore della CPI, e quindi la necessità di perseguire la giustizia a tutti i costi, sono ad esempio gli USA (curiosamente, non essendo membri della Corte Penale), parte dell’UE, che si dichiara pronta ad adottare sanzioni ad personam e alcuni operatori umanitari. Gli altri, tra cui molti degli attori più coinvolti sul campo, temono le ripercussioni negative che tale scelta potrebbe avere sull’ancora fragile situazione in Darfur. Si sottolinea, ad esempio, il rischio di un irrigidimento delle posizioni dei ribelli, che già hanno espresso il loro rifiuto a negoziare con un “ricercato internazionale”, e anche del Presidente Bashir, che potrebbe ulteriormente ostacolare il già lento dispiegamento della missione UNAMID e l’operato delle organizzazioni umanitarie, con conseguenze drammatiche per la popolazione.
Inoltre, si fa notare che la presenza di Bashir, e quindi di un Sudan più o meno solido, sarà necessaria per garantire l’avanzamento dei colloqui di pace e il processo di peacebuilding. La richiesta che sembra provenire da più parti, non da ultimo dalla Lega araba e dall’Unione africana, è che l’incriminazione voluta da Ocampo venga momentaneamente sospesa.
La palla è allora nelle mani dell’ONU. Secondo lo Statuto della CPI, infatti, solo il Consiglio di Sicurezza ha il potere di sospendere per un periodo rinnovabile di dodici mesi le indagini del Procuratore o un qualsiasi procedimento penale in atto. Tale importante decisione è stata per il momento rinviata. Infatti, il Consiglio di Sicurezza, riunitosi alla fine di luglio per votare il rinnovo della missione UNAMID, ha concluso che qualsiasi mossa verso la possibile sospensione del procedimento contro Bashir è prematura, nonostante alcuni membri, come Cina, Russia, Sudafrica, Burkina Faso, Vietnam, Libia e Indonesia, non abbiano esitato ad esprimere i loro dubbi a riguardo.
Saranno quindi gli eventi futuri, allo stato attuale difficilmente prevedibili, a dire se l’obiettivo primario della tutela dei civili potrà essere meglio raggiunto scendendo a patti con il diavolo oppure ricorrendo scrupolosamente agli strumenti della giustizia internazionale.

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mercoledì, agosto 13, 2008

200 mezzi corazzati sudanesi contro i ribelli nel Nord Darfur

Per i ribelli del Darfur, che da anni chiedono che il Darfur venga equamente rappresentato nel Governo e nei provvedimenti di politica economica e sociale del Sudan, è una nuova dichiarazione di guerra. Oltre 200 mezzi corazzati si starebbero muovendo attraverso il Nord Darfur, dopo aver attaccato e conquistato l'area di Wadi Atron, giovedì scorso, una delle roccaforti ribelli del Sudan Liberation Movement. La massiccia operazione militare è solo l'ultimo di molti altri segnali che stanno a indicare una nuova escalation del conflitto: due giorni fa le Nazioni Unite hanno fatto sapere che un elicottero dell'UNAMID era stato fatto bersaglio di colpi di arma da fuoco, presso El Geneina.

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lunedì, agosto 11, 2008

"La guerra armata è l’unica arma per liberare il Darfur e tutte le altre regioni dall’oppressione della dittatura."

1.5 Guerriglia totale

di Giorgio Trombatore
(Ex-Capo progetto della Cooperazione Italiana in Darfur)

La sentinella solitamente si appostava dietro ai ruderi di un mercato totalmente distrutto nell’area di Kidingir nel massiccio centrale del Jebel Marra in Sud Darfur.
Era un giovane Fur, uno di quegli uomini senza età.
Vestito di stracci con i capelli stile Rasta e con tutto il corpo ricoperto di Jujou, una sorta di amuleto locale , stava per ore a scrutare la savana contro possibili attacchi nemici.
A tracollo portava un vecchio Kalashnikov modello cecoslovacco.
Non appena il rumore di una jeep rompeva il silenzio della savana, la sentinella sparava un colpo nel cielo .

Era l’avvertimento, la sirena dei guerriglieri.
Subito dopo a qualche centinaio di metri, i ribelli destati dal colpo di Kalashnikov della sentinella si mobilitavano per preparasi a ricevere l’arrivo di ospiti indesiderati.
Oggi pero’ è un veicolo delle Nazioni Unite che porta aiuti umanitari. I ribelli lanciano uno sguardo al veicolo e poi si ritirano nelle loro capanne.
Scampato pericolo!.

Del gruppetto dei giovani soldati rimane solo il Sultano di Kidingir .
Da anni oramai il Sultano di Kidingir è rimasto l’unica autorità politica nel Jebel Marra. Da questa zona sono scappati tutti subito dopo gli attacchi dei governativi.
Il Sultano si sistema la sua jallabiah e si reca nei pressi della scuola secondaria appena ristrutturata dalla Cooperazione Italiana sperando di ricevere doni ed aiuti dalla delegazione dell’ONU.
La sentinella accenna un saluto ai veicoli con a bordo i funzionari dell’Unicef e poi torna a mimetizzarsi dietro dei cespugli.
Sempre in allerta , i janjaweed e le loro milizie sono in zona.
Nessun dorma !

Il terrore di un attacco è palpabile, visibile soprattutto negli occhi di giovani donne che hanno abbandondato i loro villaggi in fiamme .
Del villaggio non è rimasto niente, lo sanno bene anche le sentinelle .

Il compito della sentinella è fondamentale per l’intera sicurezza del villaggio. I Fur di questa zona lo sanno bene. I guerriglieri hanno poche munizioni in dotazione, e quelle poche armi vanno gestite con sapienza e cautela.
Quando si spara si deve essere sicuri di uccidere perché i predoni non perdonano e la morte per chi sceglie la lotta armata è sempre in agguato.

Non è un crimine uccidere quando si vive in mezzo alla savana in balia di uomini armati che possono piombare in qualsiasi momento del giorno e della notte. In pochi minuti si perde tutto e perdere la vita è l’ultimo dei problemi.
Pochi attimi e ti ritrovi la casa bruciata, il bestiame rubato, magari la sorella violentata ed il padre ucciso. Ti guardi intorno e ti senti perduto.

A quel punto l’alternativa è finire in un misero campo profughi dove ogni giorno fai la fila insieme ad altri centinaia di disgraziati per ricevere dal WFP una manciata di riso.
Nel momento che entri nel campo profughi non farai altro che metterti in coda sin dalle prime ore della mattina.
Senza accorgertene vieni risucchiato dalla vita degli orari inflessibili dei campi profughi.
C’è l’ora dell’appello, c’è la giornata per il controllo dei bambini presso la tenda dell’Unicef, e poi l’ora della distribuzione alimentare. In tutto questo devi sapere evitare anche i fastidi e le minacce della polizia sudanese sempre pronta per minacciare e sfruttaren questi poveri disgraziati.
In questo disgustoso quadretto c’è chi invece sceglie di prendere un fucile e raggiungere i ribelli nelle montagne per combattere l’odiosa dittatura araba di Al Bashir.

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Io personalmente supporto questa scelta:
La guerra armata è l’unica arma per liberare il Darfur e tutte le altre regioni dall’oppressione della dittatura.
Gli attacchi contro le squadre di polizia, le incursioni nelle caserme dell’esercito sudanese e la contro-offensiva contro le milizie dei janjaweed sono l’unico rimedio a questo silenzioso massacro. Sferrare colpi su colpi e colpire le truppe sudanesi nel cuore delle loro istituzioni.

Io non credo ai tavoli ed alle trattative, credo che alle armi ed alle oppressioni bisogna rispondere con altrettanto ferocia.
A chi sferra i colpi inermi contro i civili bisogna rispondere con attacchi ben studiati.

Quando mi incontravo con i dirigenti del JEM o dello SLA continuavo a ripetere che bisognava portare la guerra in capitale.
Una guerra che si combatte a migliaia di chilometri non viene sentita ne percepita come tale da chi vive tranquillo tra le code di un supermercato o innervosito dalla mancanza di un parcheggio.
Diciamo come le stanno le cose. La guerra nei Balcani non impediva certo agli italiani di andare con tanta spensieratezza in vacanza al mare mentre aerei della Nato si alzavano in volo per bombardare la Serbia.

Per questo Sono stato positivamente colpito quando qualche mese fa ho letto della notizia che un assalto condotto dalle milizie del JEM aveva colpito l’area residenziale di Ondurman a pochi chilometri da Khartoum.
Questa è la strategia vincente!!!.

La storia ci ha insegnato che tutti i movimenti di guerriglia hanno avuto successo solo quando si è riusciti a coinvolgere anche la popolazione.
Tornando al Darfur, come sappiamo negli ultimi anni il conflitto armato ha conosciuto una crescita esponenziale delle fazioni in lotta. Nuovi gruppi , nuove sigle si sono formate ed hanno segnato la regione con nuovi e tristi accadimenti.
Ma l’origine del conflitto deve essere ricercata nella decisione da parte di un gruppo di Zagawa che anni or sono decisero di attaccare una stazione di polizia nel Sud Darfur.

Sia Benedetto quel giorno!!!

Quell’attacco segno’ l’inizio della guerriglia dello SLA. Quell’attacco poteva essere un insignificante episodio di banditismo o di delinquenza locale , ma i leader sudanesi sono riusciti a trasformarlo nel tempo in una guerriglia organizzata che avrebbe destabilizzato uno dei paesi più grandi dell’Africa.
Del resto quello che fecero in quegli anni Abdel Uahid e Minnie Mennawie fu una scelta chiara e senza ritorno, quella della lotta armata.
Quei leader africani capirono che l’unica via percorribile era quella della guerra civile.
Non nelle aule dei tribunali, non attraverso l’inchiostro dei giornali, ma con la consistenza dei proiettili sparati contro i convogli militari del governo sudanese.

La storia dei recenti conflitti mondiali è piena di azioni che hanno sconvolto la geopolitica del globo, e spesso dietro a conflitti nazionali che hanno creato migliaia di vittime ed hanno ridisegnato il quadro politico di molte nazioni c’è dietro la volontà di pochi uomini .

A Cuba Fidel Castro e Che Guevara riuscirono organizzando una guerrigilia nella selva cubana a far cadere il regime dittaoriale di Batista, in Cina Mao Zedong si libero’ dei nazionalisti di Chang Kai sheik e delle potenze straniere.
Ma è l’Africa il paese per eccellenza dove pochi uomini hanno dato vita in breve a movimenti di guerrigilia che in alcune occasioni sono riusciti a prendere il potere.

In Sudan i Dinka guidati da John Garang per decenni hanno opposto una guerriglia organizzata che alla fine ha visto riconosciuto dal governo di Omar Al Bashir il suo ruolo in una nuova società sudanese.
Ma i risultati di John Garang sono stati raggiunti solo dopo grazie ad anni di guerriglia sapientemente organizzata.
In Mozambico la Renamo di Dhaklame ha opposto negli anni novanta una fiera opposizione al governo della Frelimo sino a giungere a vedere riconosciuto la sua lotta armata con le prime libere elezioni in Moambico nel 1994.
Poi c’è il caso dell’Angola di Jonas Savimbi, il Polisario nel Western Sahara, i guerriglieri in Chad, in Niger e nel delta in Nigeria.

I movimenti di guerriglia hanno sempre prodotto un cambiamento nella società anche se spesso questi cambiamenti hanno solo segnato un cambio della guardia al potere senza portare nessun beneficio della popolazione.
Chi giunge al potere con le armi spesso le perde con gli stessi mezzi.
Rari sono i casi di leader che una volta giunti al potere hanno amministrato la cosa pubblica con fermezza ed equità per il popolo.

Purtroppo i Museveni dell’Africa contemporanea sono tanti e si assomigliano tutti. Nati come ribelli, acclamati dal popolo in breve hanno disilluso le aspettative di milioni di africani instaurando regimi tribali clientelari.
Oggi in Zimbabwe un uomo chiamato Mugabe è riuscito a fare piombare il paese nel più disastroso e terribile scenario apocalittico, dove inflazione e disoccupazione sono ai livelli più alti della storia del continente. In Congo un figlio del già noto Kabila guida una delle Nazioni più vaste dell’Africa, in Ruanda il grande eroe della liberazione dei Tutsie è rimasto ancorato alla sua poltrona e tutto sembra fare intendere che vi resterà per anni.

Aldilà di queste speculazioni io credo nella lotta armata come unica via per interrompere la scia di massacri che sono avvenuti in Darfur.
Purtroppo il rischio più grande è quello di avere solo un cambio di persona al vertice della struttura di comando.
Meglio correre il rischio!
Bisogna altresì riconoscere che solo grazie alla guerriglia armata dello SLA e del JEM il governo di Al Bashir ha dovuto porre un limite ed un freno alle sue milizie filogovernative.

Non sono stati certi i colloqui di Abuja a fare tacere le armi per qualche periodo nel sud e nel nord Darfur. Questi sono gli effetti della lotta armata nel tempo, grazie al sacrificio e alla morte di molti giovani guerriglieri sudanesi che sono riusciti con il sangue a fermare le scorribande dei Janjaweed.


Autore del presente testo è Giorgio Trombatore. Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore.

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sabato, agosto 09, 2008

L'ONU accusa: processi farsa ai 30 ribelli del Darfur condannati a morte.

30 ribelli del JEM, catturati durante l'attacco alla capitale sudanese il 10 maggio scorso, sono stati condannati a morte e attendono l'esecuzione nel braccio della morte.
Giovedì scorso Ashraf Qazi, rappresentante del Segretario Generale dell'ONU in Sudan, ha chiesto la rivalutazione della condanna, giunta dopo un processo non conforme agli standard internazionali: i difensori degli accusati, ad esempio, non hanno potuto raggiungere i propri assisititi durante l'interrogatorio ma solo a processo avviato. Le Nazioni Unite, che nel Novembre 2007 hanno firmato una moratoria internazionale sulla pena di morte, chiedono al Governo sudanese il rispetto dei principi dell' International Covenant on Civil and Political Rights, di cui il Sudan è Stato membro.

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mercoledì, agosto 06, 2008

Lopez Lomong, profugo sudanese alle Olimpiadi :"La gente scappa dal Darfur, e io mi metto nelle loro scarpe e corro con loro"

Marco, da Bologna,scrive sul suo blog:

Quando eravamo in Africa, non sapevamo quale sarebbe stato il futuro per noi ragazzi, correvamo e basta. Dio stava pianificando il mio futuro e io non lo sapevo. Ora sto usando la corsa per tirar fuori le parole e raccontare quante cose orribili ho visto in Sudan durante la guerra. Non sempre queste cose si trovano sulla CNN, e io spero che le mie parole servano a informare la gente. Proprio ora cose altrettanto terribili accadono in Darfur. La gente scappa dal Darfur, e io mi metto nelle loro scarpe e corro con loro.
(Lopez Lomong)

"Questa, finalmente, è una storia di sport come vorremmo sempre sentirne, e raccontarne. Quella di Lopez Lomong, che correrà i 1500 alle Olimpiadi sotto la bandiera degli Stati Uniti. Ai primi di luglio è arrivato terzo ai Trials di Eugene, sulla mitica pista dell’Hayward Field dove nacque la leggenda di Steve Prefontaine.
Lopez Lomong è nato in Sudan nel 1985. A sei anni, nel ’91, fu rapito dalle milizie filogovernative dal villaggio di Kimotong, insieme a un centinaio di bambini. Venne inprigionato e scampò a fame e stenti, a differenza di tanti suoi sfortunati compagni. Nutrendosi di piante di sorgo per qualche settimana, il tempo per organizzare una fuga di bambini costretti a ragionare da grandi. Fuggì e corse, corse, corse fino ai confini del Kenia, fino alla salvezza. Finì in un campo profughi, ci restò per dieci anni mentre al villaggio i suoi genitori, dopo averlo cercato per mesi, credendolo morto avevano già celebrato il suo funerale. Un piano umanitario lo portò via da quella situazione nel 2001. Fu adottato da una famiglia di Tully, stato di New York, e da quel momento la corsa diventò qualcosa di diverso. Non più necessaria alla sopravvivenza, ma un modo per affrancarsi. Da allora, Lopez Lomong parla attraverso le sue lunghe falcate.
Non arriva alle Olimpiadi da miglior mezzofondista degli Usa. Ai trials è arrivato terzo. Non sarà il vincitore dei 1500. Ma a pensarci ha già vinto. Sette anni fa, usciva da quel campo profughi dopo aver visto cose che gli occhi di un bambino non dovrebbero mai vedere, e nemmeno quelli di un adulto. Cosa potrebbe fargli paura, in un’impresa sportiva? Quale significato può avere per lui una vittoria o una sconfitta? A ventitré anni, questo ragazzo deve avere ben chiaro il valore delle cose. Di quelle futili e di quelle che contano.
A Pechino sarà portabandiera degli Stati Uniti. C’è di mezzo un messaggio forte tra nazioni forti. Ognuna col suo personalissimo concetto di democrazia. Ma la storia di Lopez Lomong viaggia al di sopra di qualunque messaggio. Non ha bisogno di parole."

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Occhipinti e Paganini liberi!

La notizia è di quelle che fanno tirare un sospiro di sollievo: Iolanda Occhipinti e Giuliano Paganini, rapiti il 21 maggio scorso in Somalia, sono liberi.
Se si confronta con altri simili situazioni, tuttavia, salta subito agli occhi l'assenza, in questi due mesi, della mobilitazione pubblica: non si sono viste manifestazioni e appelli corali, così come non se ne vedono, fatte salve le iniziative di Italians for Darfur, per la martoriata regione del Sudan, teatro da oltre cinque anni di un feroce conflitto. Anch'essi, come il Darfur, sono stati "solitari attori del proprio dramma, colpevoli di non rappresentare altro che se stessi". In casi come questi, sembra inevitabile allora la necessità di ricorrere a personaggi dello spettacolo e della moda sensibili al tema dei diritti umani, pronti a posare a sostegno di campagne locali e internazionali per il Darfur. Ma se le citazioni e gli appelli si moltiplicano, l'informazione "vera", cronaca e analisi del conflitto in corso, rimane un esercizio per pochi.
Per questo, con sincera partecipazione, la nostra gioia per la liberazione dei due italiani in Somalia è ancor più intensa, ma attendiamo con altrettanta speranza che giungano presto notizie di Abderhaman Yusuf Arale, rimasto nelle mani dei sequestratori. Abderhaman Yusuf Arale è direttore del programma rurale della Cooperazione Italiana Nord Sud per la quale lavoravano i due italiani.

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lunedì, agosto 04, 2008

YouTube: cooperante italiano in Sudan conferma, è censura.

YouTube risulta inaccessibile dalla gran parte delle postazioni internet del Sudan, perchè censurato dall'ente governativo di controllo dell'informazione, la NTC. Ne abbiamo parlato per primi pochi giorni fa, ora pubblichiamo l'immagine inviataci da A., un nostro connazionale in Sudan come operatore umanitario. Un testimonianza "live", dal campo, che conferma quanto sia sempre più difficile la situazione dei diritti umani in tutto il Sudan.

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Sudan - Aggiornamento International Crisis Group - Luglio 2008

Il Procuratore della Corte Penale Internazionale Luis Moreno-Ocampo, il 14 luglio, ha chiesto l’arresto del Presidente del Sudan al-Bashir per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. L’Unione Africana, la Lega Araba e la Cina hanno messo in evidenza che tale accusa potrebbe procurare seri danni al processo di pace. Il National Congress Party (NCP - del Presidente Bashir) ha organizzato numerose proteste contro la decisione.
Inoltre, Bashir, nel corso della visita in Darfur del 23 luglio, accompagnato da funzionari di Stati Uniti e Gran Bretagna, ha sottolineato gli sforzi per la pace condotti in questo periodo dal suo governo, sebbene fonti vicine ai ribelli abbiano parlato di successivi attacchi da parte dell’esercito regolare. Alla fine di luglio è uscita la notizia di piani per una conferenza sul Darfur, con una larga partecipazione dei movimenti di opposizione.
Il 31 luglio è stato votata dal Consiglio di Sicurezza ONU la prosecuzione della missione UNAMID per un altro anno (con l’astensione degli USA). Nel corso dei lavori si è discussa la possibilità di sospendere l’accusa a Bashir (ipotesi circolata negli ambienti diplomatici nei giorni precedenti), considerata tuttavia da Francia e Gran Bretagna come troppo prematura. In questo mese inoltre si sono registrati due attacchi contro i peacekeepers dell’UNAMID (il 9 ed il 17 luglio, quest’ultimo che ha portato alla morte di 7 militari).
Le truppe del Nord e del Sud si sono ritirate dalla regione contesa dell’Abyei, dove, nel mese di maggio, si sono registrate forti tensioni. Il Sudan ha proposto la ripresa di relazioni diplomatiche con il Chad, interrotte dopo gli attacchi del Justice and Equality Movement (JEM) a Khartoum nel mese di maggio; inoltre 8 ribelli sono stati giustiziati per il loro coinvolgimento negli attacchi del JEM.
Il 7 luglio è stata approvata la legge che prevede nuove elezioni nel paese per il 2009, le prime “libere” dopo oltre 20 anni; il supporto delle opposizioni e dei movimenti ribelli è al momento fortemente condizionato dalle preoccupazioni circa possibili vantaggi per il NCP. Il leader del Sudan People’s Liberation Movement (SPLM), Salva Kiir ha annunciato la sua candidatura come Presidente.Fonte
Crisis watch, International Crisis Group, n. 60, 1 agosto 2008: testo tradotto da
Stefano Cera per IB4D.

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domenica, agosto 03, 2008

NEGRAMARO RILASCIANO VIDEO SPOT SULLA GIUSTIZIA IN DARFUR

“Via le mani dagli occhi – Giù le mani dal Darfur” è il messaggio del video, presentato in anteprima al concerto del 31 Maggio a San Siro, attraverso il quale i NEGRAMARO rilanciano l’appello di Italians for Darfur al Governo Italiano affinchè esprima profonda preoccupazione, presso le Nazioni Unite, per la volontà del governo sudanese di non consegnare alla Corte Penale Internazionale i due principali sospettati di crimini contro l’umanità, Ahmad Harun and Ali Kushayb.

Il 14 luglio scorso, il Procuratore Capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha chiesto, inoltre, l'arresto per crimini contro l'umanità dello stesso Presidente sudanese Hassan Al-BAshir, a dimostrazione della grave situazione dei diritti umani in Sudan, dove proprio nei giorni scorsi sono state emesse oltre 20 condanne a morte.

Il video vuole essere anche una denuncia del silenzio dei media sulla crisi umanitaria in corso da oltre cinque anni in Darfur, che ha provocato oltre 300.000 morti e due milioni e mezzo di sfollati: i sei componenti della band salentina, che hanno gli occhi coperti da mani non proprie, sono seduti a semicerchio davanti a un televisore non sintonizzato.

Il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha riferito il 5 giugno scorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a New York, della situazione dei diritti umani in Darfur.
Il Tribunale Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto per i due principali sospettati di gravi crimini contro l’umanità da oltre un anno, dal 27 Aprile 2007. Ahmad Harun e Ali Kushayb, rispettivamente Ministro agli Affari Umanitari e capo della milizia janjaweed, hanno a loro carico ben 51 capi di accusa per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, incluse esecuzioni sommarie, persecuzioni, torture e stupro, ma non sono stati ancora consegnati dal governo sudanese all’ autorità internazionale.

Italians for Darfur e le associazioni della Save Darfur Coalition chiedono che le Nazioni Unite adottino una nuova risoluzione affinchè il Sudan cooperi completamente con la Corte Penale Internazionale."

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