Il blog di Italians for Darfur

lunedì, agosto 31, 2009

Due operatori delle forze di pace sequestrati in Sudan

Due operatori della missione di pace congiunta delle Nazioni Unite e dell'Unione africana in Darfur (Unamid) sono stati rapiti nella loro abitazione a Zalingei. È il quarto sequestro nella regione sudanese da marzo di quest'anno, ma un portavoce della missione di pace ha dichiarato che per la prima volta sono stati colpiti dei membri di Unamid. Il ministro delle forze umanitarie sudanese, Abdel Baqi al Jailani, ha comunicato che le vittime del rapimento sono un uomo nigeriano e una donna della Tanzania. I rapitori hanno contattato la missione di pace per aprire le trattative. L'episodio è avvenuto dopo che le forze militari delle Nazioni Unite hanno annunciato la fine della guerra tra governo e ribelli che durava da sei anni.

Fonte: New York Times - http://www.nytimes.com

S.C.

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giovedì, agosto 27, 2009

Agwai: in Darfur, non c'è guerra. Ma quasi tre milioni di persone continuano a lottare per la sopravvivenza.

La guerra in Darfur è finita, secondo quanto dichiarato da Martin Luther Agwai, comandante uscente del contingente UNAMID in Darfur. Affermazione che rischia di essere male interpretata: la pace non è l'assenza, infatti, della guerra, ovvero delle azioni prettamente militari alle quali il comandante dei peacekeepers si riferisce, ma il ristabilimento della giustizia e dell'ordine sociale. Al contrario, come precisa lo stesso Martin Agwai, non danno tregua i tragici episodi di banditismo e di violenza indiscriminata sui civili in fuga.
Continuano a preoccupare, quindi, le gravi carenze alimentari, sanitarie, e le condizioni di sicurezza dei circa 2,7 milioni di sfollati che vivono ammassati nei campi profughi allestiti in tutto il Darfur e oltre, lungo il confine con il Chad e la Rep. Centro Africana, e che non possono tornare ai loro villaggi, per lo più dati alle fiamme come hanno testimoniato le immagini satellitari delgi ultimi sei anni.
Stime ufficiali delle Nazioni Unite continuano a parlare di 300.000 morti, cifra che viene sempre più spesso messa a confronto con la versione ufficiale del governo sudanese, sul cui presidente pende un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità, che parla invece di 10.000 morti.
Il Sudan, che negli anni 90 ospitava Osama bin Laden e il suo gruppo terrorista, ed è per questo ancora inscritto tra gli "stati canaglia", è dal 2000 uno dei principali collaboratori della CIA, al punto che dal 2005 diversi capi dei servizi segreti sudanesi sarebbero stati ospitati in suolo statunitense, secondo quanto riferito dal Los Angeles Times dello stesso anno.
Non sembra improbabile che un maggior impegno di questa amministrazione USA in Afghanistan, nella lotta al terrorismo, comporti il consolidamento di alleanze tra i servizi di intelligence e i rispettivi governi.

LEGGI:
Bombardamenti a Jebel Moon e Umm Dkuhumm (luglio 2009)
Continuano i bombardamenti aerei in Darfur (rapporto ONU gennaio-giugno 2009)

M.A.

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Articolo sul Darfur di Mahmood Mamdani

Le presunte "distorsioni" delle associazioni internazionali
L’articolo (dal titolo L’emergenza sotto i riflettori, comparso sul britannico New Statesman e ripreso da Internazionale, n. 809 del 21 agosto 2009) sottolinea che a differenza del conflitto nel Sudan meridionale, quello nel Darfur in realtà è sempre stato al centro dell’attenzione della stampa internazionale, anche grazie all’attività di alcune associazioni (Mamdani cita Save Darfur), che tuttavia avrebbe prodotto anche alcune pericolose distorsioni, come dimostra, secondo l’autore, la denuncia di un numero di morti superiore a quello effettivo nel periodo 2003-2004 (l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha parlato di meno di 120.000 morti mentre Save Darfur e diverse fonti giornalistiche hanno parlato invece di oltre 400.000 morti).
Gli aspetti significativi
Ma aldilà di questo (ricordiamo che le cifre ufficiali dell’ONU, sicuramente per difetto, parlano ormai di 300.000 morti e di quasi 3 milioni di profughi dall’inizio del conflitto), l’articolo di Mamdani è significativo almeno per altri due aspetti. Il primo riguarda una riflessione sulle origini del conflitto (seconda metà degli anni ’80), dovuto soprattutto a un salto di qualità nelle dispute territoriali che hanno periodicamente riguardato le popolazioni nomadi e le tribù agricole stanziali. Infatti, in seguito alla progressiva desertificazione (il Sahara si è esteso di 100 km in quarant’anni) le popolazioni nomadi dedite alla pastorizia (di origine prevalentemente araba) sono state costrette a migrare da nord a sud entrando in contrasto con le tribù agricole (di origine africana) per il possesso delle terre più fertili. Questo in un quadro regionale confuso in cui il Chad è diventato una delle pedine del confronto tra i “blocchi” (Stati Uniti, Francia e Israele da un lato e Unione Sovietica e Libia dall’altro). Il secondo aspetto significativo riguarda invece le due “direttrici” lungo le quali si è sviluppata la violenza nella regione: quella da nord a sud che, come abbiamo detto, ha contrapposto popolazioni nomade e tribù agricole stanziali e quella da est a ovest, che ha riguardato invece le sole tribù nomadi. Secondo Mamdani, le associazioni e la stampa internazionale si sono concentrati solo sull’asse “nord-sud”, nel tentativo di concentrare l’attenzione sul tradizionale dominio degli arabi sugli africani (tesi nata nel periodo del colonialismo inglese) e sul conseguente contrasto arabi-africani, mentre alla base del conflitto ci sarebbe soprattutto la ricerca della terra e la crescente crisi ambientale. L’autore conclude l’articolo profilando per il Darfur due possibili scenari: il c.d. “paradigma di Norimberga” per cui “vittime e carnefici non dovranno convivere nello stesso paese e i sopravvissuti ricostruiranno una nuova identità in uno stato separato, come è successo nel caso di Israele” e il “modello del dopo apartheid” in cui tutti, vittime e autori dei crimini, dovranno imparare a sopravvivere sul modello di quanto accaduto in altri contesti, ad es. in Sud Africa.
Commenti
Certamente Mamdani, autore del volume Saviors and survivors: Darfur, politics and the war on terror (Pantheon, 2009) ha il merito di toccare temi al centro del conflitto del Darfur, in qualche caso dando anche spunti originali (come ad es. le tensioni del “fronte arabo”, elemento importante tanto è vero che una delle direttrici della mediazione congiunta ONU/Unione Africana mira proprio a ristabilire il dialogo al suo interno); tuttavia, a mio avviso, va fatta qualche considerazione. La prima riguarda il fatto che il censimento britannico della metà degli anni ’50 (che ha diviso la popolazione tra dominatori “arabi” e nativi “africani”) da solo non è sufficiente a spiegare le crescenti tensioni della seconda metà degli anni ’80, dovute anche alla decisione del regime del presidente del Sudan Nimeiri di cancellare il sistema di “native administration” che aveva regolato il sistema di proprietà della terra e di amministrazione locale, nonché all’affermarsi dell’”arabismo”, ideologia razzista che esaltava la “nazione” araba (a cui ha contribuito la presenza di militari libici che hanno usato il Darfur come retroguardia durante il conflitto con il Chad). Inoltre definire, come alcuni hanno fatto, il conflitto del Darfur come il primo esempio di conflitto per cause “ambientali”, come affermato anche dal segretario generale ONU Ban Ki-Moon fa correre il rischio di sminuire il triste peso del regime di Khartoum che invece, come dimostrato dalle incriminazioni della Corte Penale Internazionale, ha precise responsabilità nell’escalation del conflitto e nelle iniziative contro la popolazione civile.
Per chi volesse approfondire, riporto l’elenco dei volumi sul Darfur disponibili in lingua italiana:
- Stefano Cera, Le sfide della diplomazia internazionale, LED Edizioni, 2006
- Daoud Hari, Il traduttore del silenzio, Piemme, 2008
- Luca Pierantoni, Darfur, Chimienti, 2008
- Antonella Napoli, Volti e colori del Darfur, Edizioni Goreè, 2009

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lunedì, agosto 24, 2009

Ancora divisioni tra i ribelli dell'SLM, mentre piovono critiche all'opera di Scott Gration

Ismail Rifa Jara va ad Addis Abeba con un suo gruppo e il leader dell'SLM Wahid al Nour ne prende le distanze.
Il meeting tra le più piccole e meno rappresentative fazioni di ribelli tenutosi ad Addis Abeba, sollecitato dall'inviato speciale per gli Stati Uniti Scott Gration, provoca un altra rottura nel Sudan Liberation Movement, già provato dalla separazione dalla componente fedele a Minni MInnawi, unico firmatario degli accordi di Abuja, nel 2006.
All'incontro, teso a unificare le sigle di ribelli in Darfur in vista di un possibile incontro di trattative con il governo sudanese, hanno partecipato SLM-Unity, SLM Juba di Ahmed Abdel Shafi, lo United Resistance Front (URF) e i diaspori dello SLM di Al-Nur guidati da Ismail Rifa Jara.

Ma l'operato di Scott Gration non piace. Nè ai gruppi ribelli più rappresentativi, SLM al Nur e Jem, che lo paragonano a un ministro degli esteri sudanese, nè agli attivisti statunitensi che gli rimproverano di voler soprassedere sui gravi crimini contro l'umanità perpretati ai danni della popolazione civile in Darfur per ottenere quanto prima dal Sudan un compromesso per la stabilità nella regione.

Leggi anche: Movimenti ribelli del Darfur si impegnano per unificazione

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Fotografia: Stuart Price, il Darfur a colori

Villaggio di Kadada, Darfur.

Il fotogiornalista Stuart Price ha vissuto tredici mesi in Darfur, catturandone volti, colori, luci ed ombre. Le foto di Stuart Price continuano a girare il mondo, sulle pagine dei principali canali di informazione di tutto il mondo.
Vi segnaliamo il sito dell'autore, dove è possibile visionarne la galleria fotografica: www.stuartpriceimages.com

Vedi anche: fotogallery Italians for Darfur
Libro: "Volti e colori del Darfur", Ed. Gorée

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sabato, agosto 22, 2009

Intimidazioni e arresti arbitrari, così il governo di Khartoum spinge i profughi verso Doha

Ventisette profughi del Darfur, residenti in un campo nei pressi di El Fasher, sono stati arrestati dalle autorità sudanesi, sembra con lo scopo di convincere la maggioranza degli sfollati a sostenere il processo di pace a Doha, in Qatar, secondo quanto riferito da alcuni leaders locali.
Il coinvolgimento dei cleaders (Umda) dei campi profughi a Doha era stato sollecitato nel corso delle ultime trattative dall'inviato statunitense Scott Gration.
Il campo è popolato per lo più da sostenitori del Sudan Liberation Movement di Al- Nur, che si oppone a trattative con il governo sudanese finchè non verrano disarmate le milizie e verrà predisposto un piano di rientro degli oltre due milioni di sfollati.

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giovedì, agosto 20, 2009

L'UNAMID ospita la prima tavola rotonda per rilanciare l'implementazione del Darfur Peace Agreement

La sede della missione congiunta ONU-Unione Africana in Darfur (UNAMID) ha ospitato ieri 19 agosto una prima tavola rotonda dei firmatari del Darfur Peace Agreement (DPA). Al'incontro hanno partecipato, tra gli altri (assenti i piu importanti gruppi ribelli), Minni Minnawi, noto comandante del Sudan Liberation Movement (SLM-MM), divenuto Assistente Speciale del Presidente sudanese proprio sulla base degli accordi di Abuja, e Abu Gasim, a capo della delegazione del Governo sudanese, governatore del West Darfur.

Secondo quanto si legge nel comunicato ufficiale di UNAMID, i partecipanti avrebbero chiesto alla comunità internazionale di riattivare la Darfur Joint Assessment Mission.

Approfondisci:

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martedì, agosto 11, 2009

Um-Al-Tyor-Al-Akad: l'ennesimo simbolo di un Sudan bifronte.

Ieri 10 agosto, il Presidente sudanese Al Bashir ha inaugurato il nuovo ponte Um-Al-Tiyor- Al-Akad Bridge nello River Nile State, lungo 857 metri e costato 37 milioni di dollari. Il ponte rientra nel progetto Merowe Dam, che prevede, come ha anticipato alla stampa il Governatore dello River Nile State (Nahr Al-Nil), Ahmed Magzoub, lo sviluppo di tre città industriali, tra cui Al-Nil City, che costerà 125 milioni di dollari.
Un Paese a due marce, insomma, il cui centro cresce a rtimo delle potenze emergenti, mentre le periferie muoiono per fame, soggiogate dall'inganno della guerra e dalla discriminazione politica e culturale della minoranza al potere.

Nello stesso giorno, l'agenzia di stampa delle Nazioni Unite ha comunicato, magra consolazione, l'arrivo in Darfur di 38 poliziotti ugandesi, che entreranno a far parte del contingente ibrido della missione ONU-UA in Darfur (UNAMID). Con il contributo ugandese, la forza di polizia può ora schierare sul territorio circa 2.140 poliziotti, il 50% di quelli previsti in organico.

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giovedì, agosto 06, 2009

"UNAMID non è un fallimento.E’ il malandato prodotto dell’ostruzionismo del Governo sudanese e di una comunità internazionale negligente"

Sono trascorsi due anni dall'approvazione della Risoluzione 1769 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che dava il via alla missione ibrida dell' Unione Africana e delle Nazioni Unite in Darfur, Sudan (UNAMID).
In occasione del rinnovo del suo mandato, ventitrè ONG, tra cui ITALIANS FOR DARFUR ONLUS per l'Italia, impegnate da anni nella campagna internazionale in difesa dei diritti umani in Darfur, hanno stilato e sottoscritto un documento congiunto sullo stato dell'UNAMID, evidenziandone i limiti e gli interventi necessari e improrogabili per garantire una efficace protezione dei civili coinvolti dal conflitto, in corso da oltre sei anni.
Il contingente di peacekeepers, infatti, sebbene sia riuscito a garantire in alcuni casi il miglioramento delle condizioni di sicurezza in ristrette aree della regione, paga il costante ostruzionismo del governo sudanese e la negligenza e irresponsabilità della comunità internazionale, che non riesce a fornire le basilari risorse logistiche, in particolare i velivoli da trasporto, fondamentali in un'area grande quanto la Spagna.

Ma ciò non significa che non possa essere potenziato e messo nelle condizioni di ottemperare al proprio mandato. UNAMID è stato stanziato in Darfur per il lungo termine e, se la comunità internazionale è effettivamente votata a costruire una pace sostenibile in Sudan, deve allo stesso modo impegnarsi per creare un UNAMID efficace.
Negli ultimi sei mesi, alcuni barlumi di speranza hanno illuminato il potenziale impatto positivo che UNAMID può avere nella stabilizzazione della sicurezza e nella creazione di una situazione favorevole per i negoziati politici. Ci riferiamo alla forte risposta da parte dell’UNAMID alle violenze scoppiate a Muhajeria a al ruolo positivo della missione a seguito dell’espulsione di alcune organizzazioni umanitarie all’inizio di marzo.
Purtroppo, questi esempi rimangono una rara eccezione piuttosto che la norma.
C’è un urgente bisogno di una chiara dimostrazione di volontà politica da parte della comunità internazionale che sostiene UNAMID. E’ il necessario ingrediente per porre fine all’ostruzionismo del Sudan e per fornire risorse indispensabili alla missione.
La comunità internazionale deve raccogliere tutta la sua determinazione per dare seguito alle promesse che riguardano l’ UNAMID e per sostenere il conseguimento della pace in Darfur.

Il rapporto completo, in italiano, delle ONG sulla missione UNAMID è disponibile sul blog di Italians for Darfur : "Building a better UNAMID"

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La Clinton: "Africani ed Arabi" proteggono Bashir

"I governi africani proteggono Bashir dal mandato di cattura internazionale spiccato dalla Corte penale internazionale dell'Aia". E' questo il succo di una dichiarazione di Hillary Clinton, segretario di stato USA, all'inizio del suo viaggio in 7 paesi africani partito il 5 agosto dal Kenya. A riferire la notizia è Apcom nel suo spazio sull'Africa Subsahariana.
"Teoricamente" Bashir, uscendo dal Sudan ed entrando in uno dei Paesi che riconoscono la CPI, dovrebbe essere arrestato. Dallo scorso marzo si è recato in diversi Paesi africani e arabi, molti dei quali "teoricamente" rispettosi delle decisioni della CPI, ma non è mai stato arrestato.

domenica, agosto 02, 2009

Il Consiglio di Sicurezza rinnova il mandato dell'UNAMID

Il Consiglio di Sicurezza, il 30 luglio scorso, ha prolungato di un altro anno il mandato dei peacekeepers in Darfur, secondo quanto stabilito dalla risoluzione ONU 1769 del 2007.
Il contingente congiunto delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana, a due anni dal suo dispiegamento iniziale, non è ancora totalmente operativo per carenza di uomini e mezzi, come denunciato piu volte dalle organizzazioni della Save Darfur Coalition, tra cui Italians for Darfur ONLUS.

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Si chiude oggi il festival "Suoni dal Mediterraneo" per la Pace

L'11^ edizione del Festival organizzato dall'ass. "Il giardino dei suoni" con musica, presentazioni di libri e danza si chiude oggi domenica 2 agosto ad Andria, Puglia. Presente anche la rappresentanza regionale di Italians for Darfur ONLUS con un banchetto informativo, insieme ad Emergency e Libera.

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