Il blog di Italians for Darfur

martedì, maggio 25, 2010

Misteriosa febbre uccide centinaia di bambini a Nyala

Non se ne comprende l'origine, ma la febbre che imperversa nei campi di Nyala, Sud Darfur, continua a uccidere centinaia di bambini, nel giro di sole 48 ore.
Ciò che più preoccupa è che dai due ai tre nuovi nati condividono lo stesso letto in ospedale, data la scarsità di spazio e strutture adatte, aumentando il rischio di contagio tra infanti, condizione aggravata dalle alte temperature e dall'uso di acqua spesso non potabile. In soli tre mesi, da Marzo a Maggio, il numero di bambini infettato è salito a 988.
Nyala ha chiesto l'intervento delle organizzazioni internazionali per l'identificazione del patogeno.

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sabato, maggio 22, 2010

Onu, la guerra in Darfur è più cruenta che mai

Relazione sulla situazione nella regione sudanese al Consiglio di sicurezza
Gambari: "In corso scontri tra governo e ribelli. Si continua a morire"


“Nonostante alcuni progressi nella martoriata regione sudanese del Darfur, gli scontri violenti tra forze governative e ribelli persistono, i civili continuano a morire o a fuggire dai propri villaggi per trovare rifugio nei campi profughi e le organizzazioni umanitarie continuano a essere bersaglio di gruppi criminali che assaltano le loro sedi e i loro convogli e rapiscono gli operatori”.
Questa, in sintesi, la situazione illustratata giovedì 20 maggio dal capo missione Unamid, Ibrahim Gambari al Consiglio di sicurezza dell’Onu in occasione dell’ultima relazione sulla regione sudanese dove sette anni di conflitto hanno causato la morte di almeno 300.000 persone e costretto 2.700.000 a lasciare le loro case.
“Benché sul fronte sicurezza e protezione dei civili alcuni progressi siano stati compiuti, permangono considerevoli sacche di instabilità” ha dichiarato il Force Commander in Darfur. Altro che ‘conflitto a bassa intensità’, definizione usata dal predecessore di Gambari, il generale Martin Luther Agwai, lasciando l’incarico di comandante dell’Unamid meno di un anno fa. Tanto meno si può parlare di ‘guerra finita’, come annunciato dal presidente del Sudan Omas Hassan al Bashir che subito dopo la firma dell’accordo di massima per il ‘cessate il fuoco’ con il Jem del 24 febbraio scorso aveva dichiarato: “Il Darfur è ora in pace!”.
Ma la situazione, ad oggi, è ben diversa: lo dicono i fatti e gli osservatori internazionali nella regione.
“Il Processo di pacificazione a cui Unamid, sotto la guida del mediatore in Qatar, ha fornito un importante supporto, negli ultimi mesi è progredito ma rimane un profondo senso di sfiducia” ha aggiunto Gambari riferendosi ai colloqui UN-AU in corso a Doha fra il governo e vari gruppi ribelli.
Il pessimismo dell’inviato Onu, che nella sua relazione ha citato gli accordi quadro firmati tra il governo, il Movimento Giustizia e Uguaglianza (Jem) e il Movimento di liberazione e giustizia (lJm) - una coalizione di due gruppi minori che si sono uniti per avere maggiore peso nei colloqui di pace - scaturisce dalla mancata firma dell’accordo di pace vero e proprio, prevista il 15 marzo 2010 e che non è stata mai apposta.
Il Jem, infatti, ha sospeso la sua partecipazione al tavolo delle trattative di Doha all’inizio di questo mese a causa delle violazioni del ‘cessate il fuoco’ da parte dell’esercito sudanese e ha attaccato alcune sedi del Governo e diversi convogli di autocarri commerciali e militari scatenando la reazione di Khartoum che nel giro di pochi giorni ha causato la morte di 108 guerriglieri.
Gambari ha anche segnalato la ripresa (ad dire il vero non si erano mai fermati…) dei combattimenti tra le forze governative e un altro gruppo ribelle, la fazione Abdul Wahid del Sudan Liberation Army (SLA), nonché gli scontri tra le tribù del Sud Darfur.
“Questi conflitti hanno causato notevoli perdite civili, lo sfollamento di varie comunità dell’area di Jebel Marra, e impedito la fornitura di aiuti alimentari e assistenza umanitaria”, ha sottolineato Gambari, invitando tutte le parti a facilitare l’accesso dei peacekeeper di Unamid e le Organizzazioni non governative ai siti dove si sono verificati i recenti combattimenti.
“In questo contesto, è con grande preoccupazione che evidenzio l’elevato rischio a cui è esposto il personale umanitario delle Nazioni Unite che continua ad essere bersaglio di attacchi e atti criminali” ha aggiunto, citando i numerosi attacchi contro la forza di pace, i rapimenti e i furti di auto e di altro materiale in dotazione alla missione.
“Per contrastare futuri episodi di aggressione – ha dovuto ammettere il comandante di Unamid - ho dato istruzioni alle nostre truppe e al contingente di polizia di rispondere con maggiore intensità agli attacchi. Ho anche chiarito, sia agli esponenti del governo sia al fronte di opposizione a Khartoum. che tali attacchi costituiscono crimini di guerra”.
In un comunicato ufficiale, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha deplorato proprio ieri
il potenziamento militare registrato da entrambe le parti in conflitto e i numerosi scontri delle ultime settimane e ha esortato tutti a rispettare il cessate il fuoco e a tornare al tavolo dei negoziati a Doha.
Nel suo rapporto sulla missione Gambari ha anche osservato che nonostante Unamid sia quasi interamente dispiegata, mancano gli equipaggiamenti ‘cruciali’ per accrescere la capacità delle sue unità militari e di polizia.
Il contingente della missione ha raggiunto quasi le 22 mila unità, mancano quindi solo 4mila uomini per arrivare ai 26mila ‘caschi blu’ previsti dalla risoluzione che due anni fa ha autorizzato la forza di pace.
Se gi elicotteri tattici sono arrivati, mancano ancora quelli per la perlustrazione a largo raggio, fondamentali per l’efficacia dell’operato del contingente in un'area vasta quattro volte l'Italia.
Il comandamte di Unamid ha anche evidenziato l’importanza di creare un ambiente idoneo per il ritorno volontario degli sfollati nei campi profughi e dei rifugiati alle loro case spiegando che il ‘mantenimento’ di circa 2,3 milioni di persone nei campi di sfollati nel Darfur costituisca una bomba ad orologeria, come esperienze in altri paesi che hanno vissuto lunghi conflitti, vedi Libano e Gaza, hanno tragicamente dimostrato.
A margine della relazione al Consiglio di Sicurezza Gambari, incontrando i giornalisti, ha ribadito la necessità che gli abitanti del Darfur godano dei vantaggi e dei ‘dividendi’ sanciti dagli accordi di pace affinché possa partire la ricostruzione e lo sviluppo della loro terra, martoriata da troppo tempo da una guerra che, per il momento, sembra ancora lontana da una vera e duratura fine.

mercoledì, maggio 19, 2010

Tre operatori di una Ong rapiti a Nyala, Sud Darfur

Tre operatori umanitari di una Organizzazione non governativa, due sudanesi euna donna statunitense, sono stati rapiti ieri nel Darfur meridionale. La notizia è stata diffusa dal ministro per gli Affari Umanitari del Sudan il quale ha dichiarato di aver ricevuto la notizia del rapimento dalla polizia di Nyala, capoluogo del Sud Darfur.
Secondo fonti Onu, otto uomini armati hanno fermato un convoglio di due auto, rubato i veicoli e rapiti i tre occupanti, lasciandone liberi altri tre.
Quattro sudafricani della missione Unamid erano stati rapiti a Nyala lo scorso mese, ma rilasciati dopo che il governo aveva raggiunto un accordo con i rapitori.
Ora, si spera, che anche questo sequestro si risolva senza conseguenze per le persone rapite.

martedì, maggio 18, 2010

Nuova ondata di repressione in Sudan

Arrestato Tourabi, leader dell'opposizione,
e chiuso giornale anti governativo

La polizia sudanese ha arrestato il leader dell'opposizone Hassan al Tourabi e chiuso il giornale del suo partito con l'accusa di sostegno ai ribelli del Darfur.
Quasi ottantenne, Tourabi è stato prelevato dalle forze dell'ordine dalla sua abitazione a Khartum sabato scorso.
L'islamista, in passato molto vicino al presidente Hassan al Bashir prima della rottura dei rapporti nel 1999-2000, è stato più volte arrestato da quando ha fondato il movimento Partito del Congresso popolare, Pcp.
"Ilgoverno - ha detto Rabie Abdelati, responsabile del ministero perl'Informazione - dispone di numerosi elementi che provano che Tourabi sia all'origine di tutte le azioni del Jem".
Il Movimento per la Giustiza e l'Uguaglianza, è attualmente il più aggressivo e meglio armato dei gruppi ribelli del Darfur.
Tourabi, ha aggiunto l'esponente del governo, "è dietro gli attentati dei ribelli, che hanno provocato molte vittime".
Adbelati, membro del partito del Congresso nazionale al potere, ha inoltre giustificato l'arresto e la chiusura delgiornale del Pcp, Rai al Chaab, sostenendo che alcuni articoli calunniavano al Bashir e destabilizzavano il paese.
Immediata la replica dei membri del Pcp: "Khartoum cerca di reprimere i dissidenti. Ad un mese dalle prime elezioni multipartitiche del paese negli ultimi 24 anni, elezioni svoltesi tra le proteste dei partiti di opposizone che avevano boicottato il voto, e la denuncia di brogli e irregolarità, in Sudan è ripresa, più forte che mai. la repressione del diritto a manifestare la propria opposizione a Bashir e della libertà di espressione.

sabato, maggio 15, 2010

Petrolio: pressioni per un nuovo accordo Nord e Sud Sudan entro la fine del 2010

Il prossimo anno il Sud Sudan dovrà scegliere se dichiarare o meno la propria indipendenza da Khartoum.
I cittadini lo chiedono a gran voce, ma su tutti pende la minaccia di una probabile ritorsione economica di Khartoum. Come? Quasi il 98% dell'economia della regione dipende dalle royalities sul greggio che, almeno per ora, il governo centrale versa nelle casse del Sud. sebbene nel 2009 si sia registrata una forte discrepanza tra le quantità dichiarate dalla compagnia petrolifera cinese e quelle calcolate da Khartoum. In base al Comprehensive Peace Agreement, entrambi le regioni devono dividere i proventi della vendita del greggio, di cui le terre al confine, ancora contese dai due rispettivi governi, sono ricche. Per scongiurare nuovi focolai di guerra civile, Stati Uniti, Norvegia e Gran Bretagna premono ora per un nuovo accordo economico e politico tra le parti.

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Sudan, l'esercito annuncia di aver ucciso 108 ribelli

KHARTOUM (Reuters) - In Sudan l'esercito ha annunciato oggi di aver colpito una roccaforte dei ribelli in Darfur uccidendo 108 insorti, dando un duro colpo ai già precari colloqui di pace nella lontana regione occidentale.
"C'è stata una battaglia ieri tra le forze armate del Sudan e lo Jem", ha detto il portavoce dell'esercito Al-Sawarmi Khale a Reuters. "Ci sono stati circa 108 uccisi del Jem e abbiamo fatto 61 prigionieri".
Il Justice and Equality Movement (Jem) ha smentito la notizia, dicendo di essersi ritirato volontariamente dalla lontana regione Jabel Moun giorni prima per risparmiare alla popolazione bombardamenti e raid dell'esercito governativo.

Scontro tra Jem e polizia sudanese: 60 morti

Sessanta tra poliziotti e ribelli del Movimento per la giustizia e l’Uguaglianza sono rimasti uccisi negli scontri del 13 maggio nel Sud Darfur.
Il generale Mohamed Abdel Majid Al-Tayed, portavoce della polizia sudanese ha riferito all’agenzia SUNA che il JEM ha attaccato una pattuglia che stava transitando ad Al-Dha’ein, sull'autostrada di Nyala.
Tra le vittime ci sono tre ufficiali, tra cui il comandante Hamad Shatta. Secondo Al Tayed sarebbero stati colpiti cinque veicoli usati dal Jem, che sarebbe uscito sconfitto dallo scontro e con un notevole ridimensionamento della forza militare su cui poteva contare prima dell’attacco.
La scorsa settimana il movimento guidato da Khalil Ibrahim aveva sospeso la sua partecipazione ai colloqui di pace di Doha accusando l'esercito sudanese di aver violato il ‘cessate il fuoco’ concordato lo scorso febbraio.
In un’intervista al Sudan Tribune di oggi, il mediatore di Doha, Djibril Bassole, ha esortato le parti contrapposte a fermare la violenza nella regione del Darfur per creare i presupposti concreti per la ripresa dei colloqui di pace che dovrebbero riprendere entro fine mese.

venerdì, maggio 14, 2010

Colloqui di pace, il mediatore ci riprova

Il mediatore di Nazioni Unite e Unione africana per l'accordo di pace in Darfur, Djibril Bassolé, ha annunciato che i negoziati tra ilgoverno sudanese e il Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza ripartiranno a breve a Doha.
Il mediatore ha confermato ai giornalisti che la delegazione sudanese si recherà a Doha il 16 maggio e che incontrerà personalmente il leader del Jem, Khalil Brahim, per valutare insieme le modalità per far ripartire i negoziati. Ha anche aggiunto di aver chiesto l'assistenza del presidente del Ciad, Deby, che gli ha fornito indicazioni e consigli di cui terrà conto per finalizzare il processo di pace.
Il dialogo tra Khartoum e il ribelli del JEM, il più militarizzato tra i gruppi ribelli della regione, era stato sospeso per le elezioni multipartitiche dello scorso aprile che, in un clima di proteste con il boicottaggio del voto dei maggiori partiti di opposizone, hanno riconfermato alla presidenza Omar al-Bashir.
L'inviato Onu aveva dichiarato che la sospensione era stata disposta "a causa del calendario elettorale in Sudan" ma aveva omesso che il Jem minacciava di ritirare la delegazione per protestare contro le violazioni dei diritti umani e della libertà di manifestare in campagna elettorale perpetrati da Bashir e dal suo governo e aveva chiesto il rinvio delle elezioni.
La ripresa delle trattative era attesa dopo la formazione del nuovo governo prevista per la fine di maggio e gli inizi di giugno, secondo le indicazioni dell'entourage di Bashir.
Agli inizi di maggio il Jem aveva abbandonato i negoziati a causa degli scontri tra i suoi membri e le forze del governo sudanese a Jebel Moon, roccaforte dei ribelli nel Darfur occidentale, e solo l'intervento di Bassolé ha garantito un possibile nuovo dialogo.
L'esercito sudanese ha sempre negato di aver partecipato a tali combattimenti.
Viene quindi spontaneo da chiedersi: è spuntato un nuovo 'esercito parallelo' di Khartoum?
Su questi ennesi colloqui a Doha che dire... gira - ancora - la ruota, sarai più fortunato!

giovedì, maggio 13, 2010

Conferenza internazionale alla Farnesina

NAPOLI, IN POCHE SETTIMANE CENTINAIA DI MORTI, INTERVENGA ONU
Appello presidente 'Italians for Darfur' a convegno su dieitti umani al Ministero degli Esteri

ROMA, 13 MAG - 'Sono state oltre un centinaio, in meno di un mese, le vittime degli scontri tra tribu' rivali in Darfur: l'Onu intervenga con un nuovo e piu' efficace impegno per la difesa della popolazione". E' l'appello lanciato da Antonella Napoli, presidente di "Italians for Darfur", nel suo intervento oggi alla conferenza internazionale "Religioni, culture, diritti umani: un rapporto complesso in evoluzione" promossa dal Ministero degli Esteri alla Farnesina."La missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Sudan - ha evidenziato la Napoli, attivista e giornalista per i diritti umani - ha riscontrato un aumento delle forze di governo e dei miliziani ribelli nella regione e ha segnalato la ripresa del conflitto fra le parti contrapposte che finora sembrava sopito.La situazione di sicurezza nel Darfur settentrionale è sempre piú tesa e i recenti scontri tra le tribú di Misseriya e Rizeigat Nawaiba, scoppiati all'inizio di marzo vicino a Nertiti nel Darfur occidentale è conclusisi in breve tempo grazie all'accordo di pace firmato il 28 marzo., ne sono la testimonianza piú diretta. Purtroppo non sono stati gli unici episodi, infatti combattimenti sono ripresi nei giorni scorsi e, ad oggi, si stima che abbiano causato 107 vittime da entrambe le parti e la fuga dalle loro case di migliaia di persone'.La presidente di Italians for Darfur, che ha poi puntato l'attenzione sulla comunità dei rifugiati del Darfur in Italia, sostenuta dall'associazione per i diritti umani che ne segue le vicende dal 2006, ha ricordato che "il conflitto nella regione occidentale del Sudan si è intensificato e si è 'guadagnato' la ribalta dell'opinione pubblica mondiale, dal febbraio 2003. Da quel momento il Darfur è stato, ed è tuttora, teatro di una guerra che ha causato lo spostamento di quasi tre milioni di persone, per lo piú accolte nei campi profughi situati nelle aree pacificate della regione e la fuga di altre 360.000 verso il Ciad"."Il conflitto nel Darfur è oggi - ha concluso la Napoli - la piú grande catastrofe mondiale sul piano umanitario e per i diritti dell'uomo".(ANSA).

lunedì, maggio 10, 2010

Polizia sudanese: arrestati presunti killer peacekeeper

La polizia sudanese ha arrestato due uomini sospettati di avere ucciso due caschi blu egiziani dell'Onu in una imboscata nel Darfur il 7 maggio scorso. Lo rende noto il portale 'Africa News Online' che cita l'agenzia governativa sudanese Suna news. Secondo quanto precisano le stesse fonti, la polizia ha informato l'agenzia di stampa di avere arrestato nel sud del Darfur, precisamente 'nell'area di Edd al Fursan, due uomini sospettati di essere i killer dei due peacekeeper ed e' alla ricerca di altri sette uomini della banda che si sarebbe resa responsabile dell'imboscata' contro i due soldati del contingente Unamid.Con l'attacco di venerdi' scorso, sono in tutto 24 le vittime del personale della forza di pace internazionale in missione in Darfur, cadute in imboscate o attacchi dal gennaio del 2008. Lo precisa la stessa missione Unamid sul suo sito online.

Fonte AfricaNews

Uccisi altri due caschi blu in Darfur

Due caschi blu dell'Onu sono stati uccisi nella regione del Darfur, in Sudan lo scorso 7 maggio. A distanza di qualche giorno sembra che sia stato individuato il gruppo di miliziani che ha sferrato l'attacco mortale.
I due soldati uccisi erano di nazionalità giziana e facevano parte della missione in Darfur da alcuni mesi ed erano partiti per un sopralluogo con un convoglio di altri peacekeeper composto da tre mezzi e 20 militari nella zona di Edd al Fursan, nella parte meridionale del Darfur.
Gli assalitori sono fuggiti dopo che le truppe Onu hanno risposto al fuoco. Nell'attacco altri tre caschi blu sono rimasti feriti.
Con la morte dei due militari egiziani sale a 24 il bilancio delle vittime di Unamid nella martoriata regione sudanese dal gennaio di due anni fa. L'Onu ha espresso ''indignazione'' per l'attacco contro la missione di pace e ha esortato le autorità a identificarne al più presto i responsabili.

venerdì, maggio 07, 2010

Il Jem abbandona, ufficialmente, i colloqui di pace

E al confine tra Sud Sudan e Darfur, come a Jebel Marra, si continua a morire

Mentre ai confini tra Sud Sudan e Darfur decine di civili continuano a morire negli scontri tra pastori nomadi e forze governative sud sudanesi. il Jem accusa l'esercito di aver attaccato i villaggi del Jebel Moon, rompendo la tregua che durava da febbraio e abbandonando i colloqui di pace.
Il Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza (Justice and Equality Movement) ha accusato il governo sudanese di Omar al-Bashir di aver violato la tregua stabilita a febbraio, attaccando dal cielo e via terra i villaggi del Darfur occidentale, nella zona del Jebel Moon. Per questo, i ribelli hanno deciso di chiamarsi fuori dai negoziati per la pace in Darfur. Il portavoce del Jem, Ahmed Hussein Adam, ha dichiarato: "Il regime di Khartoum deve scegliere il cammino della guerra o della pace. Se l'offensiva contro la nostra gente continua, potremmo adottare anche altre misure." In Darfur, dal 2003, vari gruppi di guerriglieri si scontrano con l'esercito e con milizie arabe, che potrebbero avere l'appoggio governativo. Il conflitto ha provocato circa 300mila morti e quasi tre milioni di sfollati. Le ostilità sono cessate, a febbraio scorso, con un accordo tra Jem e il Movimento di Liberazione e Giustizia. E' seguito un periodo di relativa pace. Le elezioni presidenziali dello scorso aprile si sono svolte senza episodi di violenza, anche se nella maggior parte della regione del Darfur non vi sono state votazioni per motivi di sicurezza. La contrapposizione tra governo e Jem, ora, potrebbe interrompere questo periodo di stabilità, anche se i ribelli non hanno una potenza militare tale da poter effettuare offensive di ampio raggio.

domenica, maggio 02, 2010

Per non dimenticare


Centinaia di tamburi al Colosseo per la pace in Darfur
IV edizione del Global Day per chiedere l’attenzione di media e istituzioni
In centinaia sono accorsi, questa mattina. alla Giornatamondiale per il Darfur organizzata da Italians for Darfur,organizzazione promotrice della campagna per il Sudan, al Colosseo.
Un cerchio umano con decine e decine di tamburi, sotto laguida di Lorenzo Rompato di DrumCircle.it, ha animato l’iniziativa giuntaalla quarta edizione e che nel 2010 è stata anticipata daaltri eventi organizzati nell'ambito di Sudan365, campagnapromossa da una coalizione di organizzazioni e associazioni,tra cui ‘Italians for Darfur’, impegnate nella difesa enella promozione dei diritti umani.
Dal Mali alla Norvegia, dal Sud Africa a Israele, dalS enegal all'Italia, gli attivisti di ‘A Beat for peace’- sostenuti da famosi percussionisti come Stewart Copelanddei Police, Phil Selway dei Radiohead, il Mustafa TetteyAddey del Ghana, la pop star medio orientale Mohamed Munir eTony Esposito per l'Italia, che il 28 aprile a Roma hatenuto un concerto a sostegno della campagna – hannomanifestato per tenere alta l'attenzione sul Sudan."Attraverso la nostra azione – ha dichiarato il presidentedi Italians for Darfur, Antonella Napoli dopo aver letto imessaggi del Capo di Stato, Giorgio Napolitano, e deipresidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e GianfrancoFini - chiediamo ai leader mondiali di non assumere ilsolito atteggiamento da ignavi nei confronti del regime diBashir dopo la sua riconferma a presidente del Sudan. E'necessario essere più vigili del solito su quanto staavvenendo nel Paese, soprattutto in vista del referendum chepotrebbe sancire l’indipendenza del Sud da Khartoum. Datempo denunciamo che il percorso verso questo importanteappuntamento è sempre più insidioso. Il contestosudanese è estremamente instabile, come dimostra larecente offensiva nella regione del Jebel Marra in Darfur,costata la vita a centinaia di civili, e l'aumentataviolenza interetnica nel Sud Sudan".
“Una nuova guerra civile in Sudan può essere evitata –sostiene la Napoli - se la comunità internazionaleaumenterà rapidamente la pressione sui partiti che stannofacendo marcia indietro rispetto a delle posizioni definitecruciali per raggiungere un accordo di pace duraturo in Sudan”.
“Per questo chiediamo all'onorevole Franco Frattini - ha concluso Antonella Napoli appellandosi al reponsabile della Farnesina a nome dell'associazione - in qualità di ministro degli Esteri di uno dei Paesi testimoni dell’attuazione del Comprhensive peace agreement del 2005, un impegno più diretto nelle vicende sudanesi per evitare una nuovaescalation delle violenze in Sud Sudan in vista del prossimo referendume per l'indipendenza da Khartoum”.


Messaggi dei presidenti della Repubblica, di Camera e Senato
inviati a ‘Italians for Darfur’ per il Global Day for Darfur


MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

“In occasione dell’edizione 2010 del “Global day for Darfur”, rivolgo il mio apprezzamento per il vostro impegno nei confronti della popolazione del Darfur, di cui conosco le drammatiche condizioni di vita. L’Italia, come vi è noto, continua a seguire e a sostenere con attenzione ed interesse gli sviluppi della situazione nel Darfur e a sostenere l’azione della Comunità internazionale per la riconciliazione in Sudan e l’assistenza alle popolazioni colpite da emergenza umanitaria”.

MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL SENATO
RENATO SCHIFANI
“L'emergenza umanitaria in Darfur, legata a una guerra costata fino ad oggi oltre 300 mila vite umane, purtroppo non riesce a trovare soluzione e, nonostante l'impegno della comunità internazionale, le drammatiche condizioni in cui gli sfollati, soprattutto donne e bambini, sono costretti a vivere, non migliorano.
Ancora una volta va lodato l'impegno delle associazioni, come la vostra, e delle organizzazioni internazionali nel cercare di portare all'attenzione di tutto il mondo questa tragedia immensa spesso dimenticata. Sono certo del successo anche di questa quarta edizione del Global Day for Darfur,



MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA
GIANFRANCO FINI
“In occasione della celebrazione promossa dall’associazione ‘Italians for Darfur’ per il Global Day for Darfur 2010, desidero inviare a tutti coloro che la animeranno i miei più cordiali saluti. Auspico che la vostra iniziativa possa contribuire a perseguire l’importante obiettivo di richiamare l’attenzione della Comunità e dell’opinione pubblica internazionali sull’emergenza umanitaria che colpisce la popolazione del Darfur. Il Global day for Darfur coincide quest’anno con un momento particolarmente importante per il Sudan: lo svolgimento dopo molti anni di elezioni multipartitiche in attuazione dell’accordo di pace del 2005. Sono convinto che in tale contesto si confermi essenziale il ruolo delle Istituzioni e degli organismi internazionali al fine di assicurare la pace e consolidare i diritti umani in questa martoriata regione”.

sabato, maggio 01, 2010

Bombe e meningite: in Darfur si continua a morire

Non solo la guerra, imperterrita, chiede ogni giorno il suo tributo di sangue. In Darfur si continua a morire anche per malattia, come accade in questi giorni: la meningite ha causato 120 decessi confermati, di cui 95 a El Geneina, capitale del West Darfur. Si teme un ulteriore ondata di contagi, per la mancanza di assistenza sanitaria, in particolare di vaccini, e per il sovraffollamento dei campi profughi.
Il campo di Kalma, per esempio, ha da poco ricevuto altri 5000 profughi in fuga dalla violenza. Nel Jebel Moon, intanto, i bombardieri sudanesi uccidono 8 persone. Numeri, che nascondono ognuno un nome e una propria storia che non vorremo dimenticare.

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