Il blog di Italians for Darfur

martedì, luglio 26, 2011

Darfur, dai campi profughi ai villaggi, è tutto in salita.

Come avevamo annunciato nell'ultimo rapporto di Italians for Darfur, al rientro da una missione in Sudan della presidente Antonella Napoli, il governo sudanese ha avviato, alcuni mesi fa, un programma di rientro volontario dei profughi dai campi, ormai saturi, ai villaggi del Darfur.
Avevamo altresì denunciato come le condizioni della famiglie che lasciano i campi profughi siano ancora più gravi e come il loro destino appaia ancor più incerto, venendo a mancare l'assistenza delle organizzazioni internazionali ai profughi, e quella delle strutture territoriali, latitanti.

Così è stato per sette famiglie rientrate nella regione di Gedo, dopo aver lasciato alle proprie spalle il campo di Kalma.
Le sette famiglie, scrive Radio Dabanga, sono ora totalmente abbandonate a se stesse e rischiano di perire tra stenti e violenze, dopo che le altre 18 con le quali avevano iniziato il viaggio hanno fatto rientro al campo profughi per l'estrema difficoltà e il pericolo del viaggio stesso.

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mercoledì, luglio 20, 2011

Immagini satellitari svelano fosse comuni in Sud Kordofan

Era già successo in Darfur, si ripete in Sud Kordofan. Dagli occhi dei satelliti geostazionari giungono immagini di fosse comuni, conseguenti agli scontri nella regione, tra forze governative e gruppi armati ribelli, provenienti dalle fila del Justice and Equality Movement e dal SPLM del Sud Sudan.

In un comunicato di ieri, proprio il JEM ha rivendicato gli attacchi all'esercito sudanese presente nella regione, che hanno portato all'uccisione di 150 militari e al furto di numerose armi pesanti. L'aviazione sudanese risponde con il bombardamento delle postazioni. Tutto ricorda, amaramente, quanto è successo in Darfur.

I bombardamenti aerei sono massicci, come testimoniano anche i primi video in circolazione, che abbiamo pubblicato di recente nel nostro blog.
Le fotografie satellitari hanno ripreso tre larghe fosse intorno a Kadugli. Il ruolo delle immagini satellitari è stato spesso determinante nelle campagne di denuncia internazionale sui crimini commessi in Sudan, come in Darfur e in Sud Sudan. Recentemente, prima degli scontri scoppiati ad Abyei, Google svelò gli ammassamenti delle truppe di Khartoum intorno alla città.

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Firmato l'"accordo di pace" per il Darfur. Finzione mediatica o programma di stabilità?

E' stato firmato giovedì' 14 luglio l'"accordo di pace" tra il governo sudanese e i movimenti ribelli del Darfur rappresentati dal Liberation and Justice Movement (LJM). Un positivo passo in avanti verso la risoluzione della crisi in Darfur, verrebbe da dire. La realtà è che il documento siglato a Doha, in Qatar, difficilmente potrà sbloccare da solo l'empasse nella regione.
I due principali movimenti armati ribelli, il Sudan Liberation Army e il Justice and Equality Movement, restano fuori dall'accordo, restii ad ogni trattativa.
Intanto, in Sud Kordofan, l'aviazione sudanese bombarda la regione e ricorda, amaramente, quanto è successo in Darfur.
E' tempo che le armi lascino spazio alla conciliazione.

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sabato, luglio 16, 2011

Nuovi scenari post indipendenza del Sud Sudan

Finiti i festeggiamenti per la nascita del nuovo Stato, si teme la disgregazione di altri paesi africani. Il Nord continua a rivendicare la regione di Abyei, minacciando l'intervento armato; il Darfur potrebbe presto chiedere l'indipendenza. Ecco una analisi scritta per Limes sul post-indipendenza e sulle conseguenze e i risvolti per tutta la regione.
Buona lettura.





Il Sud Sudan e la paura dell’effetto domino

L'indipendenza del Sud Sudan era attesa come un evento di portata epocale, una svolta che avrebbe cambiato per sempre il profilo geopolitico di quello che fino al 9 gennaio 2011, data del referendum che ha sancito la separazione tra Nord e Sud, era il più grande paese africano.

Ma chi conosce la storia e gli sviluppi del Comprehensive peace agreement, l'accordo di pace del 2005 che determinò la fine di una guerra civile ultra ventennale, e ha ben chiaro ruolo e coinvolgimento dei principali 'attori' ed artefici del nuovo corso sud-sudanese, sa bene che c'è molto di più.

L'incognita di un effetto domino per tutta l'Africa sub-sahariana, a seguito della costituzione del primo Stato indipendente al di fuori dei confini coloniali è ampia materia per analisti e osservatori delle questioni africane che non a caso segnalano nervosismi da attendismo in tutto il 'continente nero' ma anche in Medio Oriente.

La cerimonia di Juba per l'independence day è apparsa a molti come una rappresentazione poco convincente delle 'buone intenzioni' dei protagonisti delle trattative ancora in corso, da cui dovrebbe scaturire la stabilità dei due Stati, separati da un confine definito solo in parte, che coinvolgerà tutta la regione.

Ai festeggiamenti per la proclamazione dell'indipendenza del meridione il presidente sudanese Omar Hassan al Bashir, per anni nemico numero 1 del Sud, ha sfoderato il suo miglior sorriso per "i fratelli del Sud Sudan" e ha offerto un gesto di pace "in una situazione non facile".

Tornato a Khartoum non ha però esitato a 'profetizzare' che la regione di Abyei, ricca di petrolio e collocata sul confine tra Nord e Sud, possa essere all'origine di un nuovo conflitto con Juba. Bashir ha sempre rivendicato l'area quale territorio del Sudan settentrionale e continua a chiedere il rispetto dei protocolli che la riguardano ribadendo con fermezza che ogni tentativo di imporre una "nuova realtà'' sarà contrastato con interventi armati.

Eppure il mese scorso era stato firmato un accordo per il ritiro delle truppe che si erano scontrate in città causando decine di vittime, sia militari che civili, e per la creazione di una zona cuscinetto di circa 20 km lungo il confine. Ma l'attuazione dell'accordo appare più che mai difficile, proprio perché alcune parti dei margini territoriali restano ancora da definire.

Per il presidente sudanese, Abyei appartiene al nord e solo le tribù arabe locali, con un referendum, potrebbero decidere un suo passaggio al sud, un'ipotesi che ha lui stesso definito ''improbabile''. La questione del controllo dell'area, attualmente con amministrazione a statuto speciale, come molte altre è originata e condizionata dalle lotte tra gruppi di diversa appartenenza etnica.

Da lungo tempo i Nuer, filoarabi, e i Dinka, neri e cristiani, si contrappongono con scontri violenti e sanguinari per conquistare il territorio ricco non solo di petrolio ma anche di terra fertile e di sorgenti d'acqua. Spesso le ripercussioni e le conseguenze di questi contrasti sono andate ben oltre i confini sudanesi gravando su contesti altrettanto frammentari, sia per tessuto sociale che politico.

Nella regione non c'è paese che non abbia tribù e villaggi di varie culture, religioni, etnie e lingue. Un esempio: la Nigeria 'parla' ben 521 lingue compreso l'inglese, che si affianca ai tanti idiomi dei 250 gruppi etnici che all'interno dello stesso 'ceppo' spesso ha costumi e tradizioni diverse.

Per capire la condizione di gran parte degli Stati africani bisogna tener presente che le divisioni interne sono il prodotto della corsa alle colonie dell'Africa, iniziata su larga scala nel 1880, che vide in prima linea paesi come Inghilterra, Francia, Spagna, Italia, Germania, Belgio e Paesi Bassi.

L'obiettivo principale della conquista del Continente nero era l'accaparramento delle sue ricchezze a discapito delle popolazioni locali, atteggiamento devastante che ha avuto il suo culmine quando furono elaborati i confini alla Conferenza di Berlino (1884-1885). Ancor oggi le delimitazioni degli Stati in Africa e in Medio Oriente risalgono al periodo coloniale; il Sud Sudan è stato il primo paese costituitosi al di fuori di esse.

L'effetto delle disparità demografiche create da questa situazione è stata la causa non solo delle guerre civili in Sudan che hanno poi determinato l'indipendenza del Sud, ma anche di molti altri conflitti africani. A fronte di quanto è avvenuto dopo la firma del Comprehensive peace agreement del 2005 e dell'impegno dei paesi garanti dell'accordo e all'indomani della proclamazione dell'indipendenza di Juba, il timore di scenari simili a quello sudanese, in alcuni casi già in atto sia in Africa sia del Medio Oriente, ha assunto consistenza.

Sorvegliato speciale resta il Sudan, che non riesce a disinnescare la 'bomba' Darfur nonostante l'ennesimo accordo di pace a Doha che dovrebbe portare, a detta dello stesso Bashir, alla definizione di un piano di sviluppo per la regione. Non passerà molto tempo prima che il popolo darfuriano del Sud, che si considera africano, pretenda l'indipendenza da Khartoum.

Tutti i paesi in fermento, in Africa e non, sono o saranno posti presto di fronte a due opzioni: rimanere passivi e affrontare situazioni simili a quella sudanese, o impegnarsi fattivamente per porre rimedio alle fratture tra i diversi gruppi sociali, cercando soluzioni alle proteste e alle recriminazioni, soprattutto per le questioni economiche, e creando comunità unite e democratiche a prescindere dalle divisioni interne: etniche, religiose o linguistiche che siano. L'impegno è arduo, ma non impossibile.

martedì, luglio 12, 2011

Darfur, giovedì a Doha firma per nuovo accordo di pace

"Firmeremo giovedi' prossimo a Doha il documento che porra' fine alla
crisi nel Darfur".
Lo ha annunciato il presidente sudanese Omar al-Bashir, nel corso di
un intervento di fronte al parlamento di Khartoum, ripreso in diretta
dalla tv di stato sudanese. "Porteremo avanti un piano di sviluppo per
la regione - ha aggiunto - la firma di questo documento portera'
stabilita' e sviluppo. Interverremo anche sull'economia del paese,
creando una nuova moneta e facilitando gli investimenti esteri".

SUDAN: AL-BASHIR ANNUNCIA PIANO AUSTERITA' DOPO SECESSIONE DEL SUD

Il presidente sudanese Omar al-Bashir ha annunciato un piano
di austerity nel Paese in seguito alla secessione del Sud Sudan.
E' quanto si legge sul sito web della Bbc, secondo cui le misure
di austerita' saranno volte a colmare il continuo disaccordo tra
Nord e Sud nella spartizione dei proventi petroliferi.
Intervenendo al parlamento di Khartoum, al-Bashir ha
stabilito un ''programma di emergenza per i prossimi tre
anni'' che prevede l'introduzione di una ''nuova valuta'' e
''consultazioni sulla Carta costituzionale'', come richiesto
dall'opposizione. Apertura anche riguardo alla ''liberta' di
parola. Da oggi - ha spiegato - nessuno sara' piu' arrestato
per aver espresso le sue opinioni politiche''.

martedì, luglio 05, 2011

Indossa la t-shirt "Stop Blood in Darfur" insieme ai rifugiati del Darfur in Italia

Indossa la t-shirt "Stop Blood in Darfur" insieme ai rifugiati del Darfur in Italia
Il contributo di 15 euro verrà interamente destinato alle campagne di Italians for Darfur Onlus.

Maglietta Italians for Darfur
La maglietta di Italians for Darfur è stata distribuita ai rifugiati del Darfur in occasione del Global Day for Darfur a Roma per denunciare la strage di innocenti e le condizioni inumane degli scampati all'eccidio del Darfur.

Dal 2006 continua ininterrotta la campagna di Italians for Darfur Onlus, unica asssociazione in Italia che è componente della coalizione internazionale per il Darfur e il Sudan. Sostieni le nostre campagne di denuncia con un gesto semplice ma efficace: indossa anche tu la maglietta di Italians for Darfur Onlus.
Disponibili in bianco o arancio fino a esaurimento.

Il contributo da te versato per l'acquisto della maglietta, pari a 15 euro, sarà interamente devoluto alle campagne e ai progetti di aiuto per il Darfur.








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