Il blog di Italians for Darfur

martedì, marzo 27, 2012

Khartoum attacca il Sud Sudan. Al centro, ancora le aree ricche di greggio contese tra i due Stati. Allerta jhiadisti.

Dura rappresaglia delle forze armate di Bashir contro le regioni del Sud Sudan che confinano con il Nord.
I combattimenti hanno segnato la giornata di ieri, quando l'aviazione sudanese ha bombardato Jau e Pan Akuach, mentre le truppe avanzavano a Teshwin, secondo quanto riportato dal Sudan Tribune.Il Presidente del Sudan, Omar al Bashir ha cancellato l'incontro con il Presidente sud sudanese Salva Kiir, che si sarebbe dovuto tenere a giorni e che aveva acceso qualche speranza su un nuovo clima di conciliazione nella regione.
Secondo il governo sudsudanese, Khartoum avrebbe dato una dimostrazione di forza per ottenere la cessione delle regioni confinanti, ricche di greggio e al centro della contesa tra i due governi.
Alla controreazione delle forze sudiste avrebbe partecipato anche il JEM.
Nello stesso giorno, Bashir ha ordinato lo stanziamento di fondi per il sostegno di nuovi campi e strutture per la preparazione delle forze paramilitari della Popular Defense Force (PDF) e ha chiamato alle armi i movimenti jhiadisti del Paese.
Un segnale che fa temere il peggio.

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Nuovi bombardamenti sul confine tra Sudan e Sud Sudan

Nuovi scontri tra Sudan e Sud Sudan, il rischio di una nuova guerra su larga scala assume sempre più consistenza. I caccia dell'aviazione sudanese hanno bombardato nuovamente alcuni impianti petroliferi nel territorio sud sudanese. La notizia, annunciata da una fonte del governo del Sud alla tv araba 'al-Jazeera', è stata confermata anche dalla compagnia petrolifera Gnpoc che opera nella regione.
Ieri erano scoppiati diversi scontri a fuoco in diverse regioni alla
frontiera tra Nord e Sud Sudan. Per questo Khartoum ha deciso di sospendere
il vertice in programma il 3 aprile a Juba tra il Presidente Omar al-Bashir e
il suo omologo del Sud, Salva Kiir.

martedì, marzo 20, 2012

Articolo su Limes del 20 marzo 2012

Prove di golpe contro Bashir



L'opposizione in Sudan serra i ranghi e cerca di approfittare delle debolezze del governo del presidente Omar Hassan al Bashir, costretto a cambiare ministri o a difenderli dalle accuse della Corte penale internazionale che pendono anche sul suo capo. Ultimo in ordine di tempo ad essere raggiunto da un mandato di cattura per crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur, il numero uno della Difesa, il generale Abdelrahim Mohamed Hussein.

Hassan al Turabi, leader del Popular congress party (la più importante formazione politica contrapposta al National congress party di Bashir) ha lanciato nuove accuse contro la polizia e l'apparato di sicurezza del paese.

Il noto islamista non ha esitato a sottolineare che "le azioni dei servizi e delle forze dell'ordine sudanesi dimostrano che il governo si pone al di sopra della legge" riferendosi all'uccisione di una donna, rimasta impunita, per mano di un membro dell'organismo di controllo dell'ordine pubblico che ha il compito di regolare il comportamento della società civile in conformità con le leggi della Sharia islamica.

Intervenendo nel corso di un evento pubblico sui diritti umani e sulla giustizia, organizzato dalla segreteria del partito a Khartoum, Turabi ha anche accusato le autorità di polizia di non rispettare più la sacralità delle case private, ricordando le retate delle ultime settimane che hanno portato in carcere centinaia di studenti, prelevati con la forza dalle abitazioni delle loro famiglie.

L'opposizione ha chiesto a gran voce che i prigionieri politici siano liberati al più presto e il Pcp, a nome di tutte le forze che la compongono, ha evocato una rivolta per rovesciare il 'regime' con un sistema democratico. Questa volta non si è limitato a 'sobillare' movimenti popolari di piazza, ma si è rivolto ai gruppi armati che si oppongono al governo chiamandoli a sostenere le loro ragioni.

Già in passato l'ideologo del Justice and equaliment movement, uno dei più organizzati movimenti della ribellione in Darfur, aveva paventato il ricorso alle armi, ma la sua era rimasta una voce isolata. Oggi le resistenze degli altri esponenti della minoranza sembrano notevolmente affievolite anche a fronte del precipitare della situazione nel paese. Basti pensare alle recenti rivelazioni del segretario generale dell'Humma Party, Sadiq al Mahdi, sui contatti con alcuni esponenti del Ncp per rovesciare la struttura governativa - in modo pacifico.

Nonostante le smentite del vice presidente Nafie al Nafie, secondo il quale Al Mahdi "ripone le sue speranze su un miraggio" e "l'unica opportunità" di scalzare Bashir si prospetterà non prima delle prossime elezioni presidenziali, le tensioni a Palazzo di governo sono palpabili. Anche per i vari fronti di guerra aperti: Khartoum sta combattendo i gruppi ribelli sia nello Stato del Nilo Azzurro, sia in Sud Kordofan, a ridosso del confine con il Sud Sudan, sia nella regione occidentale del Darfur.

Gli scontri potrebbero ampliarsi fino a ridosso della capitale, come già avvenuto nel 2010 quando il Jem sferrò un attacco nei sobborghi di Obdurman, cittadina sull'altra sponda del Nilo che la separa da Khartoum. Da quando il 7 agosto dello scorso anno il Sudan Liberation Movement di Abdul Wahib e il Sudan Liberation Army di Minni Minawi hanno stretto una nuova alleanza con il Sudanese People's Liberation Movement (Splm) del Nord a Kaoda, Sud Kordofan, la guerriglia anti Bashir ha ritrovato vigore.

Neanche la morte del fondatore del Justice and equaliment movement Khalil Ibrahim, ucciso dalle forze armate sudanesi, ha fermato l'azione di contrasto al regime - iniziata nel febbraio del 2003 - che oggi più che mai appare determinata a porre fine al governo del primo presidente di uno Stato 'in carica' accusato di genocidio dalla Corte penale internazionale.

lunedì, marzo 19, 2012

La Repubblica: Sudan, cortei in tutto il mondo per fermare i bombardamenti

ROMA - Mezzo milione di persone in Sud Kordofan e Nilo Azzurro rischia di morire di fame dopo essere scampato ai bombardamenti delle forze armate sudanesi. Per chiedere l'intervento della comunità internazionale una coalizione di organizzazioni, tra le quali Amnesty International, United to end genocide e Italians for Darfur, ha promosso iniziative in tutto il mondo. Da Roma a Washington - dove è stato arrestato Geaorge Cloney, suo padre di 78 anni e altri due attivisti, manifestanti e rifugiati sono scesi in piazza per richiamare l'attenzione dei media e delle istituzioni sulle nuove violenze in Sudan.

Un escalation di violenze. "Le testimonianze raccolte tra i profughi dei monti Nuba in Sudan - si legge nella nota di Italians for Darfur, promotrice in Italia della campagna di sensibilizzazione sui diritti umani in Sudan - che sono fuggiti a Unity State in Sud Sudan, raccontano di raid aerei e scontri armati che hanno coinvolto 1,2 milioni di persone in poco meno di 9 mesi di guerra. Da giugno 2011, quando è scoppiata una nuova fase della guerra tra il governo del Sudan e il Movimento di Liberazione Popolare del Sudan del Nord (SPLM-N), è stata un'escalation di violenze. Nonostante il governo abbia negato l'accesso ai giornalisti stranieri e alle Ong internazionali isolando la regione, le notizie dei massacri perpetrati dalle forze armate sudanesi, ma anche dai militari del sud, sono filtrate ampiamente".

I bombardamenti. "Circa 20/30mila nubiani sono riusciti a scappare a piedi per rifugiarsi a Yida - sottolinea Antonella Napoli, giornalista e presidente di Italians for Darfur - dove conducono un'esistenza precaria, con penuria di cibo e carenze sanitarie. E anche lì, oltre il confine, sono stati bombardati dagli aerei Antonov delle forze armate sudanesi, come ha denunciato Makesh Kapila, ex capo del Programma Onu di Sviluppo in Sudan. Kapila, come George Clooney sentito recentemente dal Congresso americano, ha raccontato di aver visto villaggi bruciati, coltivazioni distrutte, scuole e chiese danneggiate e mine antiuomo e bombe a grappolo disseminate nei luoghi dove le donne e i bambini di solito vanno a prendere l'acqua e la legna da ardere".


FOTO: Le foto della coalizione internazionale United to End Genocide, della quale è membro Italians for Darfur ONLUS, unica associazione per l'Italia parte attiva dal 2006 del movimentismo internazionale per i diritti umani in Sudan.

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giovedì, marzo 08, 2012

L'Africa si sveglia, ma del Sudan non si sa nulla*

*di L. Sorge (art. pubblicato su MpNews.it) 
La penetrazione di Internet e delle nuove tecnologie post-industriali stanno creando in tutto il mondo nuove forme di economia. L'immediata distribuzione delle informazioni e del denaro permesse da Internet, unite a nuovi modelli di produzione e distribuzione degli oggetti fisici, stanno creando una infrastruttura parallela a quella che ha plasmato il mondo finora -e che sembra in affanno.
Venture Capitalism e Micro Financing, in particolare, sembrano accelerare nel mondo e in particolare nell'Africa nera, quindi sotto al Sahara e sopra al Sud Africa.
L'Africa cresce velocemente: sei delle dieci nazioni a crescita maggiore sono lì, e c'è chi predice che entro il 2020 avrà la più ampia classe media delle macroregioni mondiali. Grande l'apporto tradizionale di capitali esteri, in primis quelli cinesi.
Il flusso di aiuti innovativi per singoli, piccole aziende e innovatori, insieme alle soluzioni per ovviare alla carenza di infrastrutture, è tale da far parlare sempre più spesso di una via africana al rinnovamento.
Il popolo sudanese è però irraggiungibile. Probabilmente questa sorte spetta anche ad altri popoli, ma a me balza all'occhio il Sudan in quanto sono personalmente coinvolto nelle attività dell'associazione Italians for Darfur (il Darfur è una delle macroregioni del Sudan e da quasi dieci anni è scosso da un devastante conflitto interno).
Seguo in prima persona alcune iniziative di microcredito, in particolare Kiva, che non ha voce nella terra dei neri (senso originale del termine “sudan”). Anche se spesso si discute la validità del microcredito, resta sempre un modo di mappare la realtà in modo moderno, on-line e con foto, nomi, città, nazioni, Stati.
Analogamente seguendo alcuni account twitter di imprenditori africani residenti in Africa o altrove, si vede la crescita di un movimento, ma anche in questo caso nessuna delle anime sudanesi viene rappresentata, mentre tutt'intorno -Kenya, Uganda, Ciad, per tacer della Tanzania, c'è movimento.
Se avete segnalazioni su questo argomento, ovvero iniziative di microcredito o venture capital o altro che possa rientrare in questo schema, sarò ben lieto di informarmi e segnalarle. Avvisate la redazione di MPnews - Mondo all'indirizzo esteri.meltinpot[at]gmail.com.
Storicamente si vede un minimo di fusione tra tre realtà: quella locale priva di infrastrutture industriali (autostrade, linee telefoniche fisse, sportelli bancari) quindi ideale per un sistema post-industriale, il sano pragmatismo verticale britannico che voleva unire il Mediterraneo a Capo di Buona Speranza e la democrazia rappresentativa francese che formava élite sulla linea dall'Atlantico al Mar Rosso.
Romanticamente magari un giorno gli emigrati bianchi cercheranno spazio vitale intorno al Sahara, come (noiosamente) ipotizzava qualche anno fa Abdourahman A. Waberi nel romanzo “Gli Stati Uniti d'Africa”.

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domenica, marzo 04, 2012

Riflessione doverosa sul rapimento Urru e non solo...

Cari amici,
"Oggi guardando blog, pagine su Facebook e profili Twitter ho notato il numero spropositato di quanti hanno commentato la le notizie su Rossella Urru. La cosa non mi ha sorpresa ma grazie a Paola De Luca, volontaria in Darfur e autrice dei post "Dal Darfur, restiamo umani" nel blog dell'associazione, che ha dato sfogo alla sua frustrazione per il grande clamore sulla liberazione della Urru a fronte di un disinteresse totale alla notizia del suo rapimento il 22 ottobre, è maturata in me una riflessione doverosa.
Come ho scritto a Paola, se mi indignassi ogni volta che una situazione simile si verificasse non potrei più occuparmi di Africa, diritti umani e crisi dimenticate come il Darfur. La mia azione è partita proprio da qui... dal disinteresse dei grandi media e di gran parte dell'opinione pubblica nei confronti di temi come quelli appena citati.
Era il 2005 quando, per la prima volta, toccavo con mano la realtà dell'immensa tragedia darfuriana. Da quel momento non sono più riuscita a scrollarmela di dosso. Tornata in Italia ho fatto quello che potevo, ho iniziato a parlarne attraverso i canali di informazione con i quali collaboravo e facendo 'lobby' a favore del Darfur nelle sedi istituzionali. Ma mi sono scontrata con una indifferenza tale che il mio entusiasmo si è desolatamente sopito.
In fondo, da sola, cosa potevo fare? Poi, un anno e mezzo dopo, mi sono imbattuta in Mauro Annarumma, cuore e anima di Italian blogs for Darfur e sostenitore della causa quanto e più della sottoscritta! E da lì è iniziata la nostra battaglia, la battaglia di Italians for Darfur, per accendere i riflettori su questa crisi dimenticata che abbiamo identificato in un episodio davvero sconsolante: mentre in Darfur venivano massacrate migliaia di persone in Italia c'era chi pensava che il Darfur fosse uno 'stile di vita'... E non parlo di gente semplice e ignorante, ma di parlamentari...
Ancora oggi molti non sanno nemmeno dove si trovi questa regione del Sudan ma le notizie nei tg sul Darfur, dal 2007 ad oggi, sono quintuplicate. Certo è ancora poco, soprattutto se si pensa che i tg nazionali e i quotidiani più importanti danno spazio all'argomento solo quando c'e' di mezzo un italiano rapito oppure un personaggio del mondo dello spettacolo si fa bello mettendoci la faccia come testimonial, vedi Clooney.
Ma "e' la stampa belleza, è la stampa... e tu non ci puoi fare niente..." come diceva il mitico Bogart nell'indimenticabile film "L'ultima minaccia"! E noi non possiamo fare altro che resistere alle storture di un sistema che spesso non funziona ma che è indispensabile. E anche se si riesce a ottenere solo pochi spazi beh, bisogna andare avanti.
Noi che ci crediamo teniamo duro. E fino a quando incrocerò sulla mia strada giovani come Mauro e Paola, o personaggi dello spettacolo come Monica Guerritore, Fiorella Mannoia, Tony Esposito, Andrea Mariano (Negramaro) e Mark Kostabi che si impegnano sinceramente per il Darfur, non perderò mai la speranza in un mondo migliore..."
  
Cari saluti,
Antonella Napoli

Presidente di Italians for Darfur ONLUS

www.italiansfordarfur.it

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venerdì, marzo 02, 2012

CPI, mandato di arresto per un altro ministro di Bashir

La Corte penale internazionale ha spiccato un mandato d'arresto nei confronti del ministro della Difesa sudanese, Abdelrahim Mohammad Hussein, per crimini di guerra e contro l'umanità nei confronti della popolazione civile del Darfur.
Ministro dell'Interno dal 2001 al 2005 e rappresentante speciale del presidente Omar al Bashir in Darfur dal 2003 al 2004, secondo l'accusa Hussein, 60 anni, ha guidato ''una politica di Stato'' per assicurarsi il ''coordinamento degli attacchi contro i civili''. Attualmente la moglie di Hussein è ambasciatrice del Sudan in Italia.